LA LISTA
E partono i ricorsi, i primi sono stati già presentati sul bilancio previsionale del 2018 dei primi atenei che sforano il tetto massimo: l’Università degli Studi di Milano e l’Università Statale di Torino. Ma la lista è lunga: l’Udu infatti ha analizzato 59 atenei e in ben 33 di questi le tasse superano il 20% del Ffo.
«Si registra una crescita sensibile delle tasse universitarie dopo i tagli dell’accoppiata Tremonti-Gelmini del 2008-2010 - spiega Elisa Marchetti, coordinatrice nazionale dell’Udu - Il problema è il sottofinanziamento dell’università che ha condotto gli atenei ad innalzare le tasse: nel solo 2015 la somma richiesta oltre i limiti di legge ammonta infatti a ben 259 milioni di euro. Dal 2008 al 2016 la contribuzione studentesca in Italia è passata da 1 miliardo e 355 milioni di euro a 1 miliardo e 682 milioni di euro: 327 milioni di euro in più in appena 8 anni».
IL MECCANISMO
L’aumento delle tasse è stato direttamente proporzionale al taglio dei fondi statali alle università: a fronte dei 327 milioni di euro in più chiesti agli studenti dal 2008, ci sono ben 369 milioni di euro spariti dal finanziamento statale che nel 2008 ammontava a quasi 7,4 miliardi e nel 2015 a 7 miliardi. Le università sono state costrette ad alzare le tasse per portare avanti le attività. Cosa è cambiato in questi anni? Nel 2008 gli atenei che superavano il limite del 20% erano 20: uno su tre, oggi invece sono uno su due. E la divisione geografica rileva come il fenomeno sia altissimo negli atenei del Nord dove 9 università su 10 sono “fuorilegge”.
LA MAPPA
Proprio al Nord spetta infatti il triste podio del maggior aumento di tasse universitarie: in 8 anni sono cresciute di oltre 163 milioni di euro. Al Centro gli atenei che superano il tetto sono 6 su 16 mentre al Sud si è passati da 4 su 22 del 2008 a 9 su 22 del 2015. Al Sud quindi la percentuale degli atenei che sfora il tetto massimo di contribuzione studentesca è aumentata dal 18 al 41%. Le conseguenze? Le pagano pesantemente gli studenti e non solo in euro. Mano a mano che aumentano le tasse, infatti, diminuiscono gli iscritti: in 8 anni si sono persi 296.349 studenti. E non sono pochi, equivalgono agli studenti di 5 atenei grandi come la Statale di Milano. Al Centro invece è scomparso quasi uno studente su quattro: sono andati perduti 100mila iscritti. Solo la Sapienza di Roma ne ha persi 45mila dal 2008, passando da 140mila a 95mila, addirittura uno studente su tre in meno. Risulta invece contenuta la perdita degli iscritti dal 2008 ad oggi negli atenei del Nord, pari a circa 25mila studenti. Sembrano pochi rispetto alla perdita complessiva ma rappresentano comunque una popolazione studentesca pari a quella dell’intera Università di Pavia.
LA NO-TAX AREA
Con la legge di bilancio 2017, quasi tutti gli atenei hanno introdotto una no-tax area per gli Isee di 13mila euro. «È necessario - spiega l’Udu - innalzare questa soglia a livello nazionale portandola almeno al pari di quella delle borse di studio che arriva a 23mila euro. Oltre alla necessità di diminuire le tasse a tutti gli studenti, eliminando i criteri di merito: la contribuzione deve semplicemente essere commisurata al reddito». Nell’anno accademico 2015-2016 negli atenei italiani la tassa universitaria media è stata di 1.250 euro, si tratta della terza più alta d’Europa.
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