Strage del Tir, il gruppo aveva basi in Italia e Libia

Strage del Tir, il gruppo aveva basi in Italia e Libia
di Cristiana Mangani
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Venerdì 29 Luglio 2016, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 30 Luglio, 09:16

Una pista libica nella caccia ai complici di Mohamed Bouhlel, il franco tunisino che il 14 luglio, a Nizza, ha ucciso 84 persone. La Procura della Capitale sta lavorando su un’informazione arrivata al nostro antiterrorismo, che aprirebbe uno scenario sempre ipotizzato ma finora senza concreti riscontri: e cioè che la Libia sia, non soltanto una tappa per il controllo delle rotte dei migranti, ma anche una centrale di sostegno per il passaggio di jihadisti, prevalentemente tunisini, che vogliono militare sotto la bandiera dell’Isis.

L’idea del paese africano come di un’autostrada per i killer del Califfo potrebbe riguardare più di dieci extracomunitari (prevalentemente tunisini e albanesi) con cui avrebbe intessuto un legame lo stragista di Nizza. La segnalazione proviene dagli 007 francesi, ma i primi accertamenti avrebbero dato riscontro negativo. Nessun passaggio in Italia, se non per i quattro uomini che avrebbero aiutato materialmente Bouhlel. Mentre da ieri sono in corso gli accertamenti su un video girato il 4 ottobre scorso a Ventimiglia in occasione di una manifestazione in favore dei migranti, nel quale compare una persona che somiglia al killer della Promenade. Nonostante non ci sia certezza che si tratti proprio dell’attentatore, si stanno effettuando una serie di esami comparativi che consentirebbero di fugare ogni dubbio. In ogni caso - viene sottolineato - «è possibile» che si tratti proprio di Bouhlel in quanto il giovane venne fermato e identificato per un normale controllo dalle forze di polizia, insieme ad altre persone, proprio nei giorni a ridosso della manifestazione. Al termine delle verifiche è stato rilasciato perché su di lui non c’erano né precedenti né richieste da parte della Francia o di altri paesi.

I RUOLI
Sembra ormai accertato, dunque, che il gruppo sia passato dall’Italia, anche se il pubblico ministero Francesco Scavo attende ancora riscontri certi. Al di là degli scetticismi dei primi giorni, infatti, è ormai acclarato che un gruppo composto per lo più da piccoli criminali sia stato fondamentale nel progettare il massacro. Con una eccezione, la più inattesa: l’apparentemente insospettabile Chokri Chafroud, il 37enne tunisino che ha passato parecchi anni in Italia, e che continua a essere considerato determinante nella preparazione della strage. La conferma arriva dai controlli avviati su Bouhlel. Infatti quando il franco tunisino è stato controllato a Ventimiglia, mentre lasciava il paese, era accompagnato non da una ma da quattro persone. Due suoi connazionali, con doppio passaporto, e due marocchini che avevano un permesso di soggiorno francese. 

LE IMPRONTE
A colpire, più di tutti, comunque è sempre il profilo di Chafroud. L’ex general manager di un’elegante masseria tarantina è stato visto l’ultima volta a Gravina di Puglia poco più di un mese fa. Oltre ai dialoghi su Facebook in cui già ad aprile scorso spiegava a Bouhlel come dovesse compiere la strage, gli investigatori francesi hanno trovato a suo carico un dettaglio importante: nel cassone del tir che ha ucciso 84 persone ci sono tracce del suo dna. Insomma, non solo ha consigliato l’amico su tutti i dettagli dell’azione e l’ha sentito per telefono più volte il giorno del massacro, ma era al suo fianco mentre si preparava. Gli investigatori stanno ancora lavorando per riuscire a capire se sia stata sua l’idea di mettere le riproduzioni di alcune armi, tra le quali un kalasnikov, nel cassone e a quale scopo.

 

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