IL DATO
Ma ogni individuo fa parte di una famiglia. Può capitare, per esempio, che dello stesso nucleo facciano parte due lavoratori che guadagnano 24 mila euro ciascuno. Il loro reddito totale è di 48 mila euro, ma siccome il bonus tiene conto solo dei guadagni individuali, lo incassano entrambi. Lo stesso vale, per esempio, in una famiglia dove, casomai, il capofamiglia guadagna 100 mila euro, la moglie, casomai, 20 mila e un figlio che fa ancora parte del nucleo altri 20 mila. Anche in questo caso in famiglia arriverebbero due bonus nonostante il reddito complessivo sia di 140 mila euro. La domanda, a questo punto, è quanto è diffuso questo fenomeno? Molto, stando ai dati dell’Istat. L’Istituto di statistica ha diviso in cinque classi le famiglie: dalla prima classe, le più povere, alla quinta classe, le più ricche. Secondo la tabella del rapporto, il bonus da 80 euro ha beneficiato 9,4 milioni di famiglie. La classe più numerosa di famiglie, quasi 2,4 milioni di nuclei, che hanno ottenuto l’aiuto del governo, sono concentrate nel quarto gradino, quello dei benestanti che sono solo ad un passo dal quinto gradino, quello cioè dei ricchi. La stessa classe delle famiglie più ricche è stata decisamente beneficiata, visto che il bonus lo hanno incassato oltre 1,6 milioni di nuclei del quinto più benestante del Paese, contro 1,4 milioni di famiglie del primo gradino, quello più povero. Sommando gli ultimi due gradini, secondo i dati dell’Istat, il 40% del bonus sarebbe andato alle famiglie che guadagnano di più.
LE REAZIONI
«Il bonus di 80 euro», spiega l’Istat, «non è prioritariamente disegnato come una misura anti-povertà. Per effetto dell’incapienza e della presenza di più lavoratori dipendenti nelle famiglie a reddito medio alto», si legge nel rapporto, «il bonus non risulta concentrato sui redditi più bassi». Un’analisi che comunque non convince il governo. «Il bonus da 80 euro», spiega il vice ministro dell’Economia, Enrico Morando, «al di là di Eurostat che lo classifica come una spesa, è nei fatti una riduzione dell’Irpef, ossia dell’imposta sui redditi delle persone fisiche. Èfuorviante», sostiene Morando, «prendere in considerazione il reddito delle famiglie». Una linea condivisa anche da un esperto di questioni fiscali come il professor Alberto Brambilla, presidente del centro studi itinerari previdenziali. «Quello che sostiene l’Istat», dice Brambilla, «è difficile da dimostrare, perché bisognerebbe incrociare i codici fiscali dei contribuenti. Ma comunque», aggiunge, «se c’è un padre che guadagna 100 mila euro che ha un figlio che ne guadagna 20 mila che vive in un’altra città ma è ancora sul suo stato di famiglia, di certo non inficia l’equità della misura». In realtà è la stessa Istat a ricordare che il bonus da 80 euro ha comunque contribuito a ridurre in Italia l’indice di Gini, quello che misura le disuguaglianze.
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