Il generale dei Carabinieri, Salvatore Luongo: «La sfida per la sicurezza si vince stando tra la gente»

Il generale dei Carabinieri, Salvatore Luongo: «La sfida per la sicurezza si vince stando tra la gente»
di Sara Menafra
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Mercoledì 24 Agosto 2016, 00:17 - Ultimo aggiornamento: 14:14
Generale Luongo, lei è stato prima a Milano poi a Roma sempre alla guida del comando provinciale. Come giudica queste due esperienze? Qual è la priorità nelle due capitali d’Italia?
«Sia a Roma sia a Milano l’obiettivo prioritario è stato, e ancora è, aumentare la percezione della sicurezza da parte dei cittadini. Roma, ovviamente, è più complicata anche solo per la presenza delle sedi istituzionali e diplomatiche, l’esistenza di due stati e la sede della Fao. Milano ha vissuto, almeno quando ero io al comando, una grave emergenza legata alla criminalità organizzata. Arrivato a Roma, le indagini che hanno scoperchiato sodalizi criminali che non si conoscevano o si conoscevano male».

Da qualche anno i reati in Italia sono in calo, eppure i cittadini sembrano non percepirlo.
«I cittadini chiedono soprattutto sicurezza nella vita quotidiana. Il furto del motorino, l’aggressione, la rapina sono i reati che pesano di più sul grande senso di insicurezza che si continua a percepire anche a Roma. Qui però abbiamo cercato di trovare strade che limitassero o risolvessero il problema». 

Detta così sembra facile. Come ci siete riusciti?
«Il primo problema è la rassicurazione. L’Arma funziona se riesce ad essere un punto di rifermento al quale il cittadino si rivolge e ottiene aiuto. Per questo la cooperazione interforze funziona: il 112 laico, non gestito da forze di polizia, che ci consente di scremare le emergenze permettendoci di intervenire solo dove serve davvero il nostro personale. E in questo senso ha funzionato anche l’interconnessione tra le sale operative che consentono di far gravitare le forze di polizia sul territorio in modo razionale ed efficiente. Un passo avanti è stato anche il nuovo sistema di videosorveglianza che consente a tutte le forze di polizia di visionare il territorio e in caso di malfunzionamenti una telecamera può comunque supportare l’altra. In sintesi: abbiamo cercato di fare in modo che esista un sistema che guardi in modo lungimirante alle aspettative dei cittadini. Purtroppo ci siamo anche confrontati con emergenze che non potevamo immaginare: abbiamo vissuto il Giubileo tanto inatteso quanto straordinario e per di più in un momento in cui la situazione della sicurezza europea è radicalmente cambiata. La strage del Bataclan, il 13 novembre scorso, ha completamente cambiato l’approccio alla sicurezza delle grandi città europee. Oggi viviamo con il pensiero costante alle possibili minacce». 

Per ora all’Italia è andata bene. Qual è la ricetta per affrontare la nuova minaccia, dal suo punto di vista?
«E’ importante monitorare i luoghi di culto e di aggregazione e verificare la propaganda on line. Ma io credo non si debbano mai mollare i controlli sulla strada, nelle stazioni ferroviarie, nelle aree di sbarco e di imbarco e in tutte quelle zone dove c’è passaggio di persone. La presenza capillare delle stazioni dell’Arma ci permette di mettere in campo controlli costanti con protocolli definiti. Ed è solo la presenza costante in strada che ti permette davvero di capire che gente gira. Roma è un crocevia importante, l’incrocio di tutte le rotte nazionali. Ed è dal controllo del territorio che nascono gli impulsi investigativi più utili e inaspettati. Da un controllo casuale a Ciampino è arrivata l’ultima indagine che ha portato all’espulsione di un presunto terrorista, ad esempio».
 
Il Giubileo è quasi finito, com’è andata?
«Il risultato è stato positivo, ma devo ammettere che il periodo iniziale è stato il più critico, perché abbiamo dovuto organizzare gli assetti e testarli e c’è stato il maggiore afflusso di pellegrini. In ogni caso per i prossimi mesi e fino alla chiusura la sfida non è finita. A prescindere dal Giubileo, l’ultimo è stato un anno importante: nel 2015 abbiamo fatto 11.500 e perseguito 168mila delitti. E a dimostrazione dell’impegno di tutti i carabinieri voglio ricordare che gli uomini dell’Arma hanno subito 178 aggressioni».

Lei, in procinto di lasciare il comando provinciale dei Carabinieri a Roma per un incarico alla Difesa, è arrivato nel pieno dell’inchiesta Mafia capitale. Quanto ancora è presente la criminalità organizzata in città?
«La presenza c’è ancora, inutile negarlo, anche se non abbiamo indicazioni specifiche su che tipo di influenza abbiano sulla città. Sicuramente le organizzazioni mafiose sono ancora molto forti sul litorale. Le indagini vanno avanti, secondo le strategie individuate dalla procura di Roma». 
 
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