Roma-giungla, tra degrado e violenza, ormai la paura non ha orari né confini

Roma-giungla, tra degrado e violenza, ormai la paura non ha orari né confini
di Mario Ajello
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 21 Settembre 2016, 00:39
Una ragazza guarda un film sul telefono, in attesa del trenino da Prima Porta che non arriva. Un film horror? «Per l’horror non ho bisogno di vedere un film, basta alzare gli occhi».

Lo sguardo sulla stazione di La Celsa, a due passi dalla cittadella Rai di Saxa Rubra, non è solo quello che registra il degrado, la desolazione e le piramidi di immondizia che cercano di rubare lo spazio alle auto nel parcheggio in una sorta di immondo corpo a corpo. E’ anche quello in cui si legge il contagio della paura, sempre più forte dopo il pestaggio a sangue nella metro di piazza Bologna.

La paura Capitale che fa saltare ogni distinzione tra periferia e centro e livella l’intero paesaggio urbano e la coscienza di tutti in una sorta di insicurezza che scavalca i territori, le classi sociali, le differenze di genere e resta invisibile agli occhi della politica ma terrificante nei cittadini romani. Che hanno introiettato, specialmente le donne, l’idea del coprifuoco: «Usciamo tutte insieme e fingendo di parlare al telefono con il fidanzato o con la polizia», dice un gruppo di laureande a Roma Tre, «e mai dopo le 19». Ma anche prima, nella Roma sotto choc per la sortae di Maurizio diventato simbolo della nuova barbarie, può accadere di tutto da un momento all’altro e ovunque. Il dritto di movimento è diventato precario.

E basta leggere la scritta-inno alla violenza scarabocchiata sulla scala a chiocciola del sottopasso di Ponte Marconi circondato da sterpaglie diventate discarica e da bivacchi di sbandati - dice così ed è firmata Er Bestia: «Spesso si inizia per gioco e poi ti ritrovi a giocare col fuoco» - per scappare dalla terra di nessuno che è quella dei seminatori di angoscia. Appena si lascia la macchina al parcheggio - quello della Magliana Nuova, per esempio, può ospitare a turno o insieme spacciatori e prostitute - ci si precipita nella stazione della metro, come se poi questa fosse sicura e invece non lo è affatto, come le cronache dimostrano ampiamente, e il contagio della paura che divampa in tutta Roma è quello che ieri mattina, nel lungo tunnel con tapis roulant da Villa Borghese a Piazza di Spagna, si scorgeva negli occhi dei viandanti in cerca di poliziotti che ci sono ma chissà dove sono. 

LINEA INFERNO 
Nel piazzale di Anagnina non solo il buio, della città poco illuminata e la differenza tra Medioevo e età moderna è passata anche dal grado di chiarone ambientale, produce angoscia. Ma anche una normale giornata di sole. Sennò il 20 express, che da lì porta a Tor Bella Monaca, non sarebbe stato soprannominato la «linea inferno». Così come tra gli altri il 115 - la linea incubo - diventato famoso perché il conducente è stato costretto a nascondersi nella cabina di guida per evitare che un teppista lo massacrasse e un ragazzo di 19 anni è stato accoltellato mentre aspettava di scendere.

Ed è Roma ormai questa Roma in cui, nella più recente stima del Censis, i reati di percosse si sono impennati: più 32 per cento in questa città negli ultimi anni, mentre nel resto d’Italia la crescita è stata solo del 9,4 per cento.
E’ come una macchia, quella dell’insicurezza fisica, che si allarga senza limiti e si condensa tra l’altro in mezzo al sottopasso della Muratella (lasciate ogni speranza voi ch’entrate...) e nei dintorni della stazione Tiburtina diventati luoghi di bivacco per profughi ma anche per nomadi e occupatori di letti sfondati sui marciapiedi e inquilini di roulotte arrugginite e fetenti. «Dalla stazione a Piazzale del Verano, ci vado solo accompagnato da una scorta armata», sorride amaramente un signore di mezza età. Mentre un paio di ragazzini seminudi, e dotati di uncino metallico, rovistano nei cassonetti ricolmi e mezzi bruciati e davanti a queste maschere del brutto e pericoloso presepe romano la domanda che perfino i più sinceri democratici non riescono a non porsi è la seguente: ma quanti sono questi rom?! 

La più che giustificata “sindrome Maurizio”, il 37enne ridotto quasi in fin di vita per avere osato dire qualcosa, si rivive alla stazione Montebello - sempre la famigerata ferrovia nord in cui la sporcizia interna e esterna dei vagoni, e guai a chi la chiama street-art, supera di gran lunga il lercio semovente in qualsiasi latitudine del mondo, il Cairo compresa - in una scena minuta ma significativa. Due tizi scavalcano i tornelli (stavolta avrebbero funzionato, spesso risultano divelti) e una signora sulla banchina vede la bravata e ritrae immediatamente lo sguardo. Quasi umiliata dalla propria mancanza di coraggio: ma avrebbe potuto pagare cara una parola di troppo o una ramanzina da mamma.
 
Siccome può succedere di tutto da un momento all’altro, nel non luogo del piazzale di Anagnina si vedono macchine private in fila con dentro padri che aspettano le figlie, talvolta ultraquarantenni, perché nella città imbastardita va trovato un rifugio sicuro il prima possibile. Anche se, contro i lupi solitari della violenza spicciola, non c’è precauzione che tenga. 

CONTINUITA’ 
Pure le rive del Tevere stanno tornando quelle di sempre, infrequentabilissime, dopo che la sindaca lì si recò in una delle sue prime uscite pubbliche per sgombrarle dai baraccati in seguito all’assassinio del diciannovenne americano Beau Solomon. «Roma è una giungla», è il tam tam di queste ore sui social. E la vergogna si mischia alla paura.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA