L’AVVISO
Ieri, il testo era affisso sulle pareti del tribunale. Il procuratore scrive: «Le conversazioni non dovranno essere riportate nei brogliacci redatti dalla polizia giudiziaria, né potranno, di conseguenza, essere riportate nelle informative, comprese quelle redatte a supporto delle richieste di autorizzazione e di proroga delle intercettazioni». La direttiva, giunta sul tavolo della Camera penale di Roma, è stato accolta con soddisfazione dalla categoria dei penalisti. «Un passo avanti fatto dal procuratore Pignatone – esordisce Cesare Placanica – il suo è un gesto di grande sensibilità giuridica». Poi, il legale alza l’asticella: «Diciamo no – aggiunge – anche all’ascolto di ogni comunicazione del difensore nell’esercizio della sua funzione». Questa delle intercettazioni non trascrivibili, del resto, è una polemica ricorrente. Lo scorso gennaio, al termine di un’assemblea vivace, il foro di Roma proclamò lo stato di agitazione per una serie di dialoghi finiti tra le carte del primo filone di Mafia capitale.
Il primo blitz risale al dicembre 2014. Le manette sono scattarono per corrotti e corruttori. Il “rosso” Salvatore Buzzi e “il nero” Massimo Carminati, secondo gli investigatori, erano i reucci delle commesse pubbliche con buoni agganci nei Palazzi. I carabinieri del Ros, nel corso delle indagini, avevano piazzato una microspia nello studio dell’avvocato dell’ex Nar Carminati, e questa mossa aveva alimentato le prime proteste: quando le conversazioni furono rese pubbliche la Camera penale istituì una commissione di studio, invitando tutti gli iscritti a segnalare casi analoghi.
RISERVATEZZA
«Ovviamente – scrisse il presidente Francesco Tagliaferri – ai colleghi che lo richiederanno, sarà assicurata ogni riservatezza sul nominativo e sul materiale processuale trasmesso, provvedendo, ove necessario, ad oscurare i dati afferenti le generalità dei clienti e delle parti processuali coinvolte».
LA CASSAZIONE
La direttiva del procuratore Giuseppe Pignatone è supportata da alcune sentenze della Cassazione, che sul punto si è pronunciata più volte. Intercettare i dialoghi tra gli inquisiti e i propri legali è rigidamente vietato dal quinto comma dell’articolo 103 del codice di procedura penale. Eppure, le intercettazioni strettamente professionali sbandierate ai quattro venti, stando a uno studio condotto dall'Università di Bologna, rappresentano un fenomeno diffuso. Sono stati sentiti 1265 penalisti, a cui è stata rivolta la stessa domanda: «Nella sua esperienza professionale accade che siano effettuate e trascritte intercettazioni di colloqui tra l'indagato e il suo difensore?». La risposta degli intervistati è stata parzialmente scoraggiante: il 3,6 per cento ha parlato di prassi costante, il 25,3 ha dichiarato che , il 43,2 «poche volte». Per il 27,9 per cento degli avvocati intervistati, invece, «non è mai accaduto».
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