Pierfrancesco Saviotti: «I nostri istituti escono a testa alta, il Banco Popolare si conferma solido»

Pierfrancesco Saviotti
di Rosario Dimito
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Sabato 30 Luglio 2016, 01:06
«Non posso che essere molto soddisfatto perché questo esercizio conferma e rafforza quanto già evidenziato dallo stress test adverse del 2014 che ci aveva posizionato tra i migliori». Pierfrancesco Saviotti è a cena con la famiglia, in un ristorante di Marciana Marina, uno dei comuni dell’Isola d’Elba, il suo buon retiro da tempo, dove sta trascorrendo qualche giorno di meritato riposo. Dal tono della voce squillante e chiara, manifesta, in questa intervista rilasciata al Messaggero, la piena soddisfazione per i risultati degli stress test da pochi minuti resi noti dall’Eba, Autorità bancaria europea, con un voto molto lusinghiero che fa del Banco Popolare il secondo miglior istituto italiano alle spalle di Intesa Sanpaolo.

«Oggi, nonostante la maggior severità del test, chiudiamo con un Cet1 del 9% che – voglio ricordare – non tiene alcun conto del nostro recente aumento di capitale sociale di un miliardo a conferma della solidità della nostra struttura. Sono felice per me stesso, per i colleghi tutti, per i nostri soci-azionisti ed anche per la solidità dimostrata dal nostro sistema bancario: l’immagine del Banco ne esce decisamente rafforzata». 

Diciamolo apertamente: sono utili questi scrutini? 
«Il dottor Enria ha affermato che l’Eba deve effettuare stress test ogni due anni e ne valuta positivamente la realizzazione per la “trasparenza” che questi esercizi trasferiscono al mercato”. Personalmente penso che l’utilità possa essere maggiore se questi esercizi non si aggiungessero a tutta una serie di interventi disposti dalla Bce con ispezioni su governance, politiche di remunerazione, modelli, capitale, liquidità, tassi, crediti che già danno una visione completa della “qualità” della banca». 

Sia sincero e schietto come sempre: che ne pensa di questi stress test, sono davvero utili? 
«Non voglio commentare le scelte dell’Eba. Mi sento di affermare che il vero stress test è quello che viviamo tutti i giorni, confrontandoci con il mercato». 

Si mette ancora una volta il dito nella piaga degli npl: anche se Danièle Nouy dichiara il contrario, c’è un approccio troppo aggressivo di cui lei è a conoscenza, vero? 
«La gestione dei non performing loans richiede non solo professionalità adeguata, ma tanta pazienza, equilibrio e tutto il tempo necessario per poterne concretizzare nel migliore dei modi l’auspicata riduzione. A mio avviso il compito dell’Autorità di Vigilanza è sollecitarne la riduzione, ma senza imposizioni di importo e di tempo, offrendo alle banche collaborazione qualificata per raggiungere l’obiettivo condiviso di adeguato contenimento». 

Secondo lei come e chi potrebbe persuadere le Autorità europee a non usare il pugno di ferro sulle sofferenze? 
«Le parole del Presidente Draghi sono chiare ed inequivocabili. Le banche si devono impegnare ad abbattere lo stock di crediti deteriorati, ma deve essere chiaro che ci vuole tempo». 

Bankitalia riesce a mediare nel dialogo delle banche con Francoforte? 
«Il dialogo non è mai facile. Per fortuna abbiamo a Francoforte il Vicedirettore Generale Dottor Fabio Panetta, un vero professionista competente ed equilibrato, che sa mediare anche mettendoci la faccia quando è necessario».
 
Il pressing sul capitale non va a scapito della possibilità di dare liquidità alle imprese? 
«Come le è noto, la liquidità non manca. Ce n’è a volontà per servire le imprese. L’anomalia è rappresentata dal comportamento della Vigilanza che fa del capitale un mantra, che indubbiamente può rallentare il flusso di credito verso le imprese. Il Banco è comunque stato in grado di erogare poco più di cinque miliardi in questi sei mesi, ma è chiaro che se le iniziative in divenire dovessero ridurre eccessivamente il Cet1, la nostra politica di erogazione dovrebbe essere obiettivamente rivista». 
 
Ha definito la Vigilanza Europea arrogante e per questo bisogna allinearsi alla sua volontà: non pensa che sulla fusione con Bpm sia stata troppo invasiva nelle richieste? 
«Ho considerato la richiesta di aumento del capitale sociale della Vigilanza un’ingiustizia. Due banche decidono di fondersi con un Cet 1 del 12,4% e del 12,2% contro una richiesta srep del 9,55% e del 9%: non è possibile che ad una di queste, il Banco nello specifico, venga richiesto un aumento di capitale per accrescere gli accantonamenti, pena il diniego alla fusione. Si, è vero, è stato un condizionamento molto severo».

A che punto sono i lavori di integrazione con Bpm? 
«I lavori proseguono bene. I team di integrazione stanno lavorando alacremente. I colleghi cominciano a conoscersi più a fondo, siamo sulla strada giusta». 
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