Piano industriale per rilanciare Roma. Pronto il tavolo Calenda sulle priorità

Piano industriale per rilanciare Roma. Pronto il tavolo Calenda sulle priorità
di Andrea Bassi
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Sabato 23 Settembre 2017, 23:59 - Ultimo aggiornamento: 25 Settembre, 14:27

La lettera è già pronta e domani mattina sarà spedita alla sindaca di Roma Virginia Raggi, al presidente della Regione Nicola Zingaretti e ai sindacati. Il tavolo per il rilancio di Roma voluto dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, partirà ufficialmente tra una decina di giorni, con la prima riunione. Un incontro nel quale il ministro conta di entrare subito nel vivo delle complesse questioni che riguardano lo sviluppo economico della Capitale. Il lavoro di background è finito. Il documento di 44 pagine nel quale i tecnici del ministero hanno analizzato e sezionato ogni aspetto della struttura economica di Roma, confrontando poi i risultati con quelli delle altre grandi città europee, ha preso mesi di tempo. 

La volontà di Calenda, chiamato in causa dai sindacati in prima battuta per affrontare le cinquantotto crisi aziendali con i loro 23 mila dipendenti coinvolti, e fronteggiare l’emorragia di imprese dalla Capitale, era quella di avviare un confronto con le altre istituzioni partendo da un’analisi che potesse essere il più possibile condivisa. 

I PUNTI DI CRISI
Il dossier su Roma, insomma, è un punto di partenza, e non un punto di arrivo che, invece, nelle intenzioni del ministero, dovrebbe essere quello di riuscire a predisporre un vero e proprio «piano industriale per la Capitale». Ne più e ne meno di quello che fanno tutte le aziende quando devono guardare al loro futuro. Oggi non è chiaro dove Roma stia andando, quale vocazione voglia darsi, quale assetto industriale o dei servizi stia coltivando. L’impressione è più quella di una deriva, di una nave senza una rotta.

E questa inerzia rischia di portarla a sbattere contro gli scogli. «La diminuzione delle imprese medio-grandi, quelle con la forma delle società per azioni, certificata dal rapporto del ministero, e la loro sostituzione con micro imprese ambulanti o di affittacamere», spiega una fonte che a quel documento ha lavorato, «è una follia». La trasformazione della Capitale in una città low cost è una sorta, economicamente parlando, di suicidio collettivo. Le imprese di grandi dimensioni sono quelle che investono di più, che danno occupazione migliore e più stabile, che sono capaci di portare innovazione nel tessuto produttivo del territorio dove sono localizzate. I bed and breakfast non possono diventare un’alternativa. La rotta però, può essere corretta.

I SETTORI
Ci sono settori in ripresa, come l’audiovisivo. Settori in forte espansione, come il farmaceutico. E, soprattutto, ci sono molte opportunità che possono essere colte. C’è, soltanto per fare un esempio, la sfida di industria 4.0 con i “competence center”, pochi e selezionati poli di eccellenza universitaria per dotare il Paese delle competenze necessarie a sostenere la sfida della rivoluzione digitale e della robotica. A Roma andrebbe quello della cibersecurity, ma anche qui c’è bisogno di un dialogo di tutte le istituzioni.

Il tavolo del ministero, nelle intenzioni, vuole essere un tavolo “operativo”, non un tavolo di confronto politico. Per questo nella lettera che partirà domani, Calenda chiederà sia alla Raggi che a Zingaretti quali sono i loro “driver”, le direttrici per Roma. Qual è, insomma, la destinazione verso la quale stanno conducendo la nave. Il compito del governo dovrebbe essere quello poi, di aiutare a raggiungere la meta usando tutti gli strumenti a disposizione del ministero e coordinando quelli nelle mani di Comune e Regione. 

GLI INTERVENTI
Anche i 2,6 miliardi di euro già disponibili per dieci priorità che vanno dalle infrastrutture fino alla sanità, passando per il trasporto pubblico locale e la scuola, sono per adesso soltanto una ricognizione dell’esistente. Le tessere di un puzzle che deve essere ancora costruito. Il piano industriale per Roma, secondo il governo, non è una scelta, è una necessità.

Tutte le città metropolitane europee si sono date una vocazione e fanno piani a lungo termine. Anche perché le grandi metropoli sono uno dei motori del Pil. E la nave italiana non può viaggiare veloce se il motore di Roma rimane spento.

 

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