La nuova linea del Pentagono: «Il nemico è la Cina non l’Isis»

La nuova linea del Pentagono: «Il nemico è la Cina non l’Isis»
di Flavio Pompetti
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Lunedì 22 Gennaio 2018, 00:20 - Ultimo aggiornamento: 20:02
NEW YORK Gli Usa continueranno in futuro ad impegnarsi nella lotta al terrorismo, dovunque nel mondo sia attivo. Ma la priorità per la Difesa statunitense deve cambiare con l’evolversi della scacchiera internazionale: è tempo di tornare ad un confronto serrato con le grandi potenze, e di riconsiderare l’armamento nucleare in caso di guerra.

Il capo del Pentagono Jim Mattis ha pronunciato venerdì scorso alla John Hopkins University, massimo laboratorio della diplomazia americana, un discorso-proclama sulla strategia che il suo dicastero sta mettendo in opera per assicurare prosperità e rilevanza al paese negli anni a venire. Il piano prende lo spunto dalle osservazioni già fatte dall’amministrazione Obama riguardo alla missione globale per gli Usa: il Medio Oriente non è più la fonte delle principali preoccupazioni, anche se richiede ancora la partecipazione dei marines in funzione di assistenza e di controllo a fianco degli alleati in Iraq, in Siria e in Afghanistan. 

LA MINACCIA
Obama aveva indicato il sud est del Pacifico come la nuova area di intervento. Mattis è andato oltre, e ha indicato per nome le pretese espansioniste di Cina e Russia. «A quei paesi che pretendono di contrastare l’influenza degli Usa sulla scena internazionale, i nostri valori e la nostra ricchezza – ha detto il generale – dobbiamo rispondere: state per entrare nel giorno più lungo e più doloroso della vostra vita».

Per dare peso alla minaccia il paese ha bisogno di riarmarsi. «Dobbiamo guardare negli occhi la realtà e vedere il mondo per quello che è, non come vorremmo che fosse», ha ammonito Mattis. Il Pentagono ha già inviato un piano di spesa alla Casa Bianca che va ben oltre i 1.200 miliardi di dollari dell’ammodernamento trentennale già disegnato in passato. 

E in questo nuovo piano, l’armamento nucleare torna ad essere un obiettivo di primo piano. Lo richiedono gli sviluppi recenti in Nord Corea, ma anche e soprattutto i progressi fatti dai russi, i quali secondo gli esperti della Difesa dispongono oggi di un Torpedo intercontinentale ad alto potenziale nucleare che può essere lanciato da sottomarini. E’ conosciuto con il nome di codice Status 6, e si vocifera che sia dotato di Intelligenza Artificiale e autopilota, e quindi capace di attivarsi autonomamente anche se il resto delle comunicazioni fosse tagliato fuori da un attacco cibernetico. Obama aveva già autorizzato la costruzione di nuovi missili Cruise lanciati da bombardieri e capaci di raggiungere il bersaglio volando a bassa quota, fuori dal raggio dei radar. Trump sta valutando ora la produzione in massa della loro versione sottomarina, che la precedente amministrazione aveva cancellato.

Il Pentagono ha inoltre richiesto al presidente, il quale darà a breve una risposta, l’autorizzazione a superare gli attuali limiti di utilizzo delle armi nucleari, che al momento possono essere lanciate solo in risposta ad un attacco di uguale natura. Una minaccia di pari gravità oggi nelle analisi degli esperti militari Usa è l’ipotesi di un attacco cibernetico in grande stile, che paralizzi infrastrutture cruciali per il paese. Un avvisaglia si è avuta con la paralisi del sistema sanitario britannico, causata da un attacco virale da parte della Corea del Nord. 

IL MALWARE
I russi hanno installato con successo negli anni passati il malware “Black Energy” nei sistemi computerizzati di aziende energetiche statunitensi anche se non lo hanno mai attivato. Sottomarini russi hanno cercato di tagliare i cavi a fibra ottica che collegano Europa ed Usa. Fino ad oggi gli americani si sono difesi con le armi della contro intelligenza telematica, che abbiamo visto in azione nel boicottaggio delle centrali nucleari in Iran, paralizzate con l’utilizzo del virus Stuxnet. Mattis chiede ora di rilanciare la posta: vuole che Trump lo autorizzi a scatenare attacchi nucleari pilotati e controllati contro chi pensi in futuro di metter in ginocchio il suo paese con le armi della guerra cibernetica. 
 
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