LA RECESSIONE
Quanto al primo aspetto, si può dire subito che il passaggio al nuovo metodo di calcolo è avvenuto in un momento piuttosto particolare, ovvero nel pieno della seconda grave recessione dopo quella del 2008-2009. Una tendenza che ha inciso negativamente sulla rivalutazione del cosiddetto “montante contributivo”. Questa avviene sulla base del Pil nominale: proprio per evitare sbalzi bruschi legati alla caduta della produzione era stato deciso a suo tempo di usare non il dato annuale ma la media mobile quinquennale. Nonostante ciò, dal 2012 in poi i tassi sono risultati appena positivi ed anzi una volta sono scivolati in territorio negativo: il che ha reso necessaria una apposita norma di legge per stabilire che in un caso del genere il montante non si riduce ma resta uguale a se stesso, senza rivalutazione.
Quanto ha pesato tutto ciò sull’importo delle pensioni? La domanda può avere senso se si sceglie un ipotetico scenario alternativo migliore, che naturalmente non si è realizzato. Prendiamo ad esempio i valori di crescita del Pil e di inflazione che il governo italiano ipotizza nelle proprie previsioni di lungo periodo sull’andamento della spesa previdenziale: non sono cifre roboanti ma certo migliori di quelle che si sono effettivamente concretizzate negli anni della crisi: per il prodotto è indicato un incremento reale dell’1,2 per cento l’anno che sommato ad un andamento dei prezzi al 2 per cento produce un aumento del Pil nominale appena sopra al 3,2 per cento. Se l’economia italiana avesse tenuto negli anni scorsi questo ritmo, l’assegno pensionistico di chi lascerà il lavoro a gennaio del prossimo anno - avendo alle spalle appunto sei anni di calcolo contributivo - sarebbe visibilmente più alto di quello che invece si materializzerà. Di quanto? Ipotizzando un’uscita per vecchiaia a 66 anni e 7 mesi con circa 42 anni di contributi, e una retribuzione pari a circa 2 mila euro lordi al mese nell’ultimo anno, il prezzo della crisi sfiorerebbe i 20 euro lordi al mese, poco più dell’1 per cento dell’assegno complessivo pari - nella realtà - a 1.670 euro circa.
ELEMENTO DECISIVO
L’incidenza della quota contributiva aumenterà ancora con il passare degli anni, e le pensioni saranno quindi sempre più esposte nel “quantum” all’andamento dell’economia. Insieme alle tendenze demografiche, sarà proprio il Pil l’elemento decisivo non solo per la sostenibilità della spesa previdenziale ma anche per l’adeguatezza delle prestazione di cui potranno godere i lavoratori di oggi.
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