Incubi e rock, a Parigi il concerto dei sopravvissuti del Bataclan

Incubi e rock, a Parigi il concerto dei sopravvissuti del Bataclan
di Francesca Pierantozzi
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Mercoledì 17 Febbraio 2016, 00:09 - Ultimo aggiornamento: 00:16

PARIGI - Non lo vogliono il minuto di silenzio all'Olympia. Vogliono la musica, vogliono saltare, gridare, ballare. Come prima, come al Bataclan prima che tutto si fermasse. E così ieri, quando in mezzo a «I only want you» Jesse Hugues ha chiesto col suo vocione a quella platea piena di «sopravvissuti» un po' di silenzio «to remember», per ricordare, i ragazzi hanno alzato le birre, c'è chi ha riso, chi ha continuato a saltare. Ricordare no, non troppo. Il silenzio è durato una decina di secondi, e poi giù la batteria, in alto le mani. Ieri gli Eagles of Death Metal sono risaliti sul palco a Parigi. Hanno cominciato sulle note di «Paris s'eveille»: strano spettacolo questi rockettari saltare sulla voce anni ’60 di Jacques Dutronc. Il tour si era interrotto il 13 novembre in mezzo a «Kiss the devil», quando i kalashnikov dei tre kamikaze avevano cominciato la strage al Bataclan. È ricominciato ora. È diventato «The nos amis tour».
 
SULLA SEDIA A ROTELLE
Dopo le prime due date a Oslo e Stoccolma, ieri Parigi. Concerto sold out: dei 2.300 posti, novecento erano invitati, i «sopravvissuti» li hanno chiamati. Quelli che erano al Bataclan e sono usciti vivi, i loro amici, le loro famiglie. Eppure in platea, al bar dell'Olympia dove la birra scorre a fiumi, le ferite non si vedono. La ragazza sulla sedia a rotella, con la gamba ancora fasciata, ride e fa i selfie con gli amici. Emmanuel, che arriva con le stampelle, dice che ha voglia di divertirsi, che tanto la pagina non si volterà mai, che con la paura bisognerà conviverci, se possibile anche scherzarci: «ormai so quello che può succedere a un concerto. Oddio, speriamo che non capiti di nuovo a me...». In sala ci sono 25 psicologi. Sono pronti ad aiutare chi non ce la fa. Si vede che questo concerto che sembra una specie di «terapia di gruppo» non li convince. Però quando parte la musica e tutti ballano, si mettono a battere il ritmo pure loro.

C'è chi non si è perso un concerto dal 13 novembre «per dimostrare ogni volta di potercela fare», come Valentin, c'è chi s'è studiato tutte le uscite di emergenza, chi ha voluto venire da solo. Da metà pomeriggio, l'Olympia si era trasformata ieri in una specie di santuario, anzi di tempio proibito. Via le auto parcheggiate, transenne dovunque, marciapiedi vietati ai pedoni, i pompieri di fronte, militari schierati. Sul palco, questi rockettari americani un po' buzzurri della California, in bilico tra le pubblicità Nike e il porno trash: a nessuno, prima del 13 novembre, sarebbe mai venuto in mente di chiedere loro cosa pensano del terrorismo, della vita che deve andare avanti. Talmente disarmati (anche se Jesse Hugues è un convinto militante del porto d'armi per tutti: «Non vado da nessuna parte in America senza una pistola, lo so non è bello, non sono un paranoico, non sono un cowboy ma voglio essere preparato», ha detto il front man del gruppo) tanto candidamente truci da aver escluso di suonare «Kiss the Devil», perché la canzone si apre con la batteria che fa: «tsi tsi pum pum tacatac». Insomma, sembra un kalashnikov, non si può. La realtà poi è meno truce e molto più dolorosa: sono stati alcuni «sopravvissuti» a chiedere di non suonarla.

Gli EODM, come li chiamano i fan - e sono tanti - in fondo volevano solo «rivisitare i Duran Duran in chiave electro-stoner mattacchiona» avevano immaginato l'ultimo album, «Zipper Down», «senza altre preoccupazioni, che la voglia di divertirsi.

E fanno divertire anche noi!»: cosi aveva scritto tre mesi fa Guillaume Decherf, il critico metallaro e coltissimo degli Inrockutibles che li seguiva da sempre. Lui non c'era all'Olympia ieri sera, è morto al Bataclan.

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