In Via Veneto una spiaggia sudamericana

Esce oggi in libreria l'Italia della Dolce vita di Oriana Fallaci
di Oriana Fallaci
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Giovedì 30 Marzo 2017, 00:15 - Ultimo aggiornamento: 4 Aprile, 05:57

Alle 9 del mattino, quando Vincenzo Cardarelli scende al caffè, via Veneto si sveglia. A quell’ora gli Champs-Elysées, Piccadilly Circus, la Fifth Avenue sono affollati, il traffico è intenso: via Veneto invece è ancora assonnata e quasi deserta. I camerieri sbadigliano fra i tavoli vuoti, l’ex-gerarchetto fascista che fa il giornalaio offre con voce monotona le copie del «Messaggero» e Clara Boothe Luce arriva, fra inchini rispettosi, all’ambasciata. Cardarelli avanza faticosamente, trascinando le scarpe dalle altissime suole, e va a sedersi da Strega: a un tavolino all’aperto. Indossa almeno sei golf e un gilet, è chiuso dentro un pesantissimo cappotto, anche se è estate, e in testa tiene un vecchio cappello che ombreggia il volto di etrusco orgoglioso, dalla barba costantemente lunga. Un cameriere si avvicina con ossequio: Cardarelli è l’unico segno di nobiltà letteraria che dia lustro al locale e da quando ha vinto il Premio Strega, nel 1948, è tenuto in particolare considerazione. A lui si praticano forti sconti, per lui si spenge il ventilatore quando va dentro a lavarsi le mani. Il maestro desidera? Il maestro vuole un cappuccino e subito volge lo sguardo intorno, con aria sdegnosa. Egli odia via Veneto, «questa viene perché c’è il sole e lo diverte «lo spettacolo di un mondo pieno di illusioni».

IL CUPO CARDARELLI 
Siede imbronciato per lunghe ore, rabbrividendo di freddo, e davanti ai suoi occhi senza pietà via Veneto palpita e vive, come un grande palcoscenico all’aperto. Quel palcoscenico ha una topografia precisa. Non è l’intera strada che scende da Porta Pinciana a piazza Barberini ma il tratto che si arresta, venendo da Porta Pinciana, a via Ludovisi e via Boncompagni, di fronte al palazzo Margherita. Qui sono le banche e gli ateliers, i grandi alberghi e le salsamenterie, le redazioni di alcuni giornali e soprattutto i caffè. Via Veneto più che una strada diventa una sala-stampa, una passerella per défilés, un cenacolo di letterati, una succursale di Cinecittà, un ridotto per intrecciare relazioni mondane e sentimentali, un luogo dove il tempo non si misura con l’orologio ma con le abitudini e il pubblico. Via Veneto vive ad ore precise. C’è l’ora degli intellettuali e l’ora degli snobs, dei politici e dei cinematografari, delle donne e dei gagà. Le ore di via Veneto non hanno niente a che fare col sole: sono nominali, appartengono a personaggi i ritratti dei quali servirebbero ad uno scrittore serioso per appunti su una storia del costume. Dalle nove fino a mezzogiorno Cardarelli si annoia. I passanti sono occasionali, in massima parte stranieri, e vanno a sedersi da Doney, il gran caffè sulla riva sinistra. 

LA SVEGLIA? SEMPRE TARDI
I veri personaggi di via Veneto non compaiono prima di mezzogiorno: così come a Capri non si scende sul mare prima dell’una e a teatro non si arriva in anticipo. Venire prima sarebbe considerato segno di provincialismo. La moda risale al 1922, quando via Veneto non era ancora famosa ed apparteneva ad Anna Fougez, la zia di Roberto Rossellini, ai viveurs siciliani, alle miliardarie americane che si facevano prendere a schiaffi dagli amanti davanti all’Excelsior, tremando sotto le pellicce di cincillà, al conte Pasqualino di Pontalto e al conte Tonino Sarazani, che andavano a letto alle cinque del mattino e si alzavano quando il sole era già alto. Fedele ammiratore di quei titolati, a quest’ora compare, con le palpebre ancora appiccicate dal sonno, Diego Calcagno: poeta, giornalista e barone. Don Diego assomiglia vagamente a Proust, di cui imita i baffetti sul volto lungo e dispettoso, dorme diciotto ore al giorno (con gli occhiali, per vederci meglio quando sogna), ed è lo scrittore più pigro di Roma: tutta la sua attività si riduce alle mezze cartelle che scrive per il quotidiano «Il Tempo», una sorta di divagazioni letterarie che egli chiama «fumisterie». A mezzogiorno è stanchissimo e camminando con le ginocchia piegate, va a sedere a un tavolino di Carpano, ordina molti pasticcini e aspetta che vengano gli altri, per dirne un po’ male. (...)All’una, quando Rossetti chiude il negozio, vanno anche loro a mangiare: lasciando via Veneto ai nuovi clienti. 

LA STRADA SI AFFOLLA
A quell’ora le strade adiacenti cominciano a spopolarsi, via Veneto invece si affolla. È il momento dell’aperitivo, che dura fino alle due e mezzo del pomeriggio ed è riservato ai titolati, agli attori e ai gagà. La riva destra e la riva sinistra sembrano due tapis-roulants dove la gente avanza lentamente, scambiandosi spintoni e sorrisi. Ormai è impossibile trovare posto ad un tavolino e, mentre la marea avanza, cresce il chiacchierio. Gli attori sono da Strega, in piedi o seduti sotto gli ombrelloni gialli, rossi ed azzurri che danno alla riva sinistra l’aspetto di una spiaggia sudamericana.
 
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