Da Vienna a Londra, ecco come sopravvivono le orchestre nel mondo

Da Vienna a Londra, ecco come sopravvivono le orchestre nel mondo
di Simona Antonucci
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Mercoledì 1 Ottobre 2014, 00:59 - Ultimo aggiornamento: 09:08
Una stagione nuova per il Teatro dell’Opera. In cartellone, tre titoli: risanamento, rivoluzione e rilancio. Attraverso un piano che verrà illustrato e messo a votazione nel corso della riunione del cda della Fondazione in programma per domani.



Non sarà l’Aida di Muti, quindi, a finire sotto i riflettori nei prossimi giorni. Ma una rinegoziazione dei contratti dell’orchestra e del coro, partendo, proprio, dalle parole e dal gesto del Maestro che ha rinunciato a dirigere due opere in programma al Costanzi, ma ha dato il “La” al nuovo corso «... così in teatro non ci sono le condizioni».



LO STRUMENTO

Il ministro Franceschini, il sindaco di Roma Marino, il presidente della Regione Zingaretti e il sovrintendente Fuortes stanno lavorando appunto alle condizioni, alla definizione dello strumento da adottare per interrompere la catena di scioperi e di proteste che hanno paralizzato il lirico romano per mesi, causando perdite di centinaia di migliaia di euro dei cittadini.



Una soluzione giuridico-amministrativa che, nel segno della «serenità» invocata da Muti, garantisca soprattutto una qualità competitiva con il resto del mondo: al momento, tra le dieci orchestre più prestigiose sul mercato, le compagini della patria di Verdi, di Puccini, di Rossini, non ci sono. Eppure, in Italia, abbiamo ben quattordici fondazioni liriche alimentate dal Fus e dagli enti locali. E le Fondazioni, a loro volta, sostengono la spesa di musicisti e coristi, legati ai teatro con contratti a tempo indeterminato.



Un modello, quello italiano, nato subito dopo le proteste sessantottine, e che è rimasto unico nel panorama europeo dove invece sono numerose (e prestigiose) le orchestre gestite da organismi autonomi, con musicisti riuniti in associazioni o cooperative, legate ai teatri da convenzioni: che alleggeriscono i costi del personale sostenuti “dal datore di lavoro”, ma che in cambio consentono una maggiore libertà ai “lavoratori” di proporsi (con modalità scritte e sottoscritte) sul libero mercato.



A LONDRA

Per trovare degli esempi, basta guardare la classifica delle orchestre più richieste nel circuito globale. La London Symphony Orchestra è un’orchestra autogestita “self-governing”, governata da un Board di cui fanno parte anche i musicisti. È l’orchestra della città di Londra e riceve fondi dal Comune con cui ha una convenzione: fa capo al Barbican (il teatro della città) e garantisce un numero di concerti a prezzo “politico” proprio perché riceve finanziamenti pubblici.



L’attività viene organizzata da un direttore generale che ha rapporti con i sovrintendenti di tutto il mondo. Oltre a un calendario di tournée da impallidire, la squadra è disponibile per registrazioni commerciali, colonne sonore, jingle pubblicitari e computer games: 25 progetti l’anno - spiega lo statuto della London - per una vasta varietà di clienti. E, “chiavi in mano”, forniscono professori per ogni tipo di formazione, da camera, sinfonica, operistica.



A BERLINO

Autonomi anche i Berliner. Sono organizzati in una Fondazione e del cda fanno parte anche i musicisti. Hanno alle spalle due sponsor fortissimi, Deutsche Bank e Allianz, e percepiscono sostegni dallo Stato. Il manager è stipendiato dalla fondazione che è anche proprietaria del teatro.



A VIENNA

Un esercito apprezzato e richiestissimo. Quanto la corazzata Wiener: 180 elementi tutti stipendiati dal Teatro di Vienna. Ma con un accordo che prevede una sorta di doppio binario. L’orchestra che garantisce in casa un numero di rappresentazioni ben al di sopra della media italiana, ha una sorta di formazione bis (un’associazione autonoma autogestita) che stipula contratti con altre sale. Questo consente ai grandi Wiener di essere in buca a Vienna, contemporaneamente in tour in Giappone e in cartellone al Covent.



Una macchina perfetta che è servita da modello alla Scala dove oltre all’orchestra del teatro esiste una Filarmonica, con musicisti raccolti in cooperativa che svolgono un’attività esterna, secondo convenzioni sottoscritte da entrambe le parti.



A MADRID

Una vera e propria cooperativa è quella cui fanno riferimento i musicisti del teatro Real di Madrid, tra le realtà più giovani del panorama europeo. Inaugurata nel 1996 su un progetto di Lissner (che però andò via prima del taglio del nastro), la Fondazione ha come socio maggioritario il Governo e non prevede sul libro paga né orchestra né coro né corpo di ballo. Ha un contratto di servizio di 5 anni con una cooperativa di musicisti che risponde a un direttore generale: è lui che tiene i rapporti con il teatro. Il rapporto di lavoro è stato puntualmente rinnovato, senza scioperi, senza chiusure di sipario.



ROMA

Lissner e i suoi successori a Madrid lavorarono su progetto ex novo. Al teatro dell’Opera si parte invece da un organico di 93 orchestrali, 90 coristi e 18 ballerini, tutti legati a tempo indeterminato. Ma i modelli cui far riferimento non potranno discostarsi troppo dai concorrenti stranieri contro cui ingaggiare una sana e moderna competizione.
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