Nikki Carlson: «Mario D’Urso era mio padre, me lo ha confessato lui stesso»

Nikki Carlson: «Mario D’Urso era mio padre, me lo ha confessato lui stesso»
di Sara Menafra
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Martedì 22 Novembre 2016, 00:19 - Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 16:06
ROMA «Ho fatto questa scelta perché ero legata a Mario e mi piacerebbe che le mie figlie potessero sentirsi italiane». Non è una semplice battaglia legale, quella di Nikki Carlson, la donna che dice di essere figlia di Mario d’Urso, il famoso avvocato-banchiere recentemente scomparso lasciando a nipoti e amici (non era sposato) un’eredità del valore complessivo di 21 milioni di euro e che da alcuni giorni, assistita dall’avvocato Bianca Maria Terracciano, ha avviato le procedure che potrebbero portare alla revisione del testamento. La sua è una storia da romanzo: figlia dell’alta borghesia internazionale è cresciuta in orfanotrofio e solo recentemente ha scoperto le sue vere origini. Eppure, quando parla di d’Urso lo fa con estremo affetto, commossa. Dal 2015, quando racconta di aver scoperto la verità, ha incontrato il presunto padre più volte. Risponde al telefono dall’Etiopia, dove sta facendo un periodo di volontariato. Nikki ha 51 anni, una famiglia e due figlie, e nella vita fa la consulente legale per una società del Minnesota. 

Signora Carlson come ha saputo che Mario D’Urso poteva essere suo padre?
«Un giorno ho ricevuto una telefonata dall’ex marito di mia madre. Mi ha detto che aveva avuto un infarto e che, avendo 90 anni, non voleva più tenere questo segreto. È stato lui a dirmi che mio padre era Mario».

Che ha fatto a quel punto?
«L’ho cercato su internet e gli ho mandato una mail, dicendogli che credevo fosse mio padre. Era gennaio del 2015. Mi ha risposto immediatamente, in pochi minuti: “Cara Nikki, grazie. Ti chiamerò nei prossimi giorni, in questo momento ho una terribile influenza. Sicuramente sarei felice di vederti a Roma. Con affetto, Mario”. Mi ha chiamato solo pochi giorni dopo: “Sono qui e voglio vederti”, ha detto. Era già negli Stati uniti all’aeroporto di New York. Mi ha chiesto di raggiungerlo subito ma visto che ero molto impegnata sul lavoro, nel frattempo ha raggiunto mia figlia Victoria a Palm Beach, in Florida. Hanno passato una settimana insieme».

Come è andata?
«Lui è tornato in Italia e io a quel punto ho potuto raggiungerlo a Milano. Ero molto felice, se ci penso ora mi viene da piangere. Sono arrivata al mattino, doveva venire a prendermi ma tardava. Ricordo che stavo lì in piedi, aspettando che arrivasse, pensando che fosse troppo bello per essere vero e che non sarebbe venuto. Poi finalmente è arrivato: ci siamo abbracciati, mi ha preso la mano e siamo andati a pranzo. Mi ha detto che era a Milano per degli accertamenti e che aveva appena avuto una diagnosi di cancro ai polmoni e al fegato, mi ha fatto vedere la cartella sanitaria e mi ha confidato di aver già avuto un tumore anni fa. Riteneva di poter guarire ma aveva bisogno di riprendere peso. Effettivamente era magrissimo. Quel giorno sono andata con lui dal medico e da allora abbiamo passato parecchio tempo insieme». 

Che ha detto dell’ipotesi che lei fosse sua figlia?
«Mi ha confessato di aver saputo di una gravidanza e una volta mi ha confidato che aveva a lungo pensato di avere una figlia da qualche parte in America anche se non mi aveva mai cercata. È una cosa molto triste. Sono la sua unica figlia e pensavo che avremmo potuto passare insieme molto più tempo». 

Ha idea di cosa sia successo dopo la sua nascita?
«Sono stata abbandonata in orfanotrofio e sono cresciuta in un’altra famiglia, molto semplice. So solo che Mario ha vissuto negli States per un po’ a metà degli anni ‘60, studiava legge a Washington Dc e che ha conosciuto mia madre in quel periodo».

Chi era sua madre?
«Mia madre naturale è una personalità molto famosa negli Stati Uniti. È di New York ma ora vive a Newport. È un po’ strano essere un orfano e avere dei genitori così famosi. Io ho saputo di mia madre solo nel ‘91 quando mi ha cercato e ci siamo viste una seconda volta, nel ‘93 a Washington, dopo di che non ha più voluto incontrarmi. Ho provato a chiamarla anche dopo aver visto Mario ma non me l’hanno neppure passata. L’ho conosciuta nel ‘91, a quel punto anche io ero madre, avevo appena avuto una figlia. Mi disse che non era stata una sua scelta, che suo padre era un politico ed effettivamente, all’epoca, era vice sindaco di New York e si stava candidando a governatore. Non volevano uno scandalo, erano persone dell’alta società, le cose oggi sarebbero diverse. Sono madre anche io e mi è difficile capire come mi ha trattata anche dopo, compreso il fatto di non avermi parlato di Mario». 

Quando ha fatto il test del Dna?
«Preferisco non parlarne visto che c’è un’inchiesta giudiziaria in corso». 

Chi l’ha convinta a intraprendere la via giudiziaria per vedere riconosciuti i suoi diritti di erede?
«Non ne avrei mai avuto la forza da sola. È stato un amico di Mario a convincermi che dovevo farmi avanti. Non voglio parlare dell’eredità, non è opportuno in questo momento. Ho conosciuto alcuni dei cugini, ho parlato con alcuni di loro anche delle mie intenzioni, alcuni hanno anche conosciuto le mie figlie. Mario mi ha detto che le era molto affezionato e io voglio rispettare le sue volontà. Per me sarebbe una grande fortuna far sentire le mie ragazze almeno in parte europee. Per una persona come me, cresciuta in Minnesota, avere cugini in tutto il mondo e in Europa è una cosa incredibile e spero che le mie figlie possano vivere questa fortuna».

Nikki, è riuscita a perdonare?
«Ho provato a capire mia madre, ma non ci sono riuscita».
 
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