L'intervista/ Nicola Zingaretti:
«Dai Fori al porto di Ostia
gioco di squadra per Roma»

L'intervista/ Nicola Zingaretti: «Dai Fori al porto di Ostia gioco di squadra per Roma»
di Simone Canettieri
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Sabato 21 Ottobre 2017, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 22 Ottobre, 14:53

Per far volare il tavolo per il rilancio di Roma occorre avere una visione. Altrimenti finisce come con il parmigiano sulla pasta: non produce valore aggiunto. Insomma, gli investimenti hanno bisogno di un’anima».

E quindi governatore Nicola Zingaretti quali sono i progetti di «visione» che possono uscire dal tavolo del Mise?
«Pensiamo a tre assi: cultura-sport, fieristico, città del mondo. Il primo potrebbe svilupparsi dall’Auditorium allo stadio Olimpico, grazie alla valorizzazione delle ex caserme di via Guido Reni. Poi c’è il progetto per dare nuova vita all’ospedale Forlanini: rimarrà un luogo pubblico aperto ai cittadini con una vocazione internazionale».

Il terzo asse?
«E’ il triangolo d’oro della logistica sulla Cristoforo Colombo. Una direttrice unica che collega il Colosseo, l’aeroporto di Fiumicino e il porto di Ostia. In mezzo, dobbiamo puntare sulla nuova e vecchia Fiera ma anche sui centri congressi».

Questi sono i grandi progetti, ma i romani da quando potranno vedere i primi risultati del tavolo?
«Sui tempi non vogliamo prendere in giro nessuno: dipende dalla serietà dei vari interlocutori. Il fatto che negli ultimi 4 anni ci siano stati 8 assessori al bilancio in Comune, più la fase di Tronca, non ha aiutato».

Sta mettendo le mani avanti?
«No, anzi in molti settori siamo già operativi. E i fondi del Mise rafforzeranno le nostre misure, lanciate con il patto con il Governo Renzi per il Lazio. Penso all’Industria 4.0. Abbiamo 150 milioni e già attivato 8 bandi su importanti temi per lo sviluppo. E il Mise ha offerto la propria disponibilità a implementare queste risorse. Stesso discorso per il comparto aerospaziale. O per i 140 milioni per la ferrovia Roma-Viterbo o il bando regionale sul credito da 56 milioni».

La sindaca Raggi è della partita dopo un debutto molto teso. Reggerà questa unità d’intenti?
«Sta a tutti noi l’obbligo, e il dovere, di far durare questa sintonia. L’amministrazione Raggi non l’ho mai considerata un’oppositrice della Regione, né la Regione lo è stata mai con la giunta capitolina».

In un anno e mezzo non è che non siano mancati gli attriti.
«Bisogna distinguere gli scontri politici dalla dialettica istituzionale. Ripeto: con Raggi massima disponibilità per far funzionare Roma». 

Ci sono lavori del Comune per il Giubileo ancora bloccati: questo non è un bel segnale.
«Un luogo permanente in cui si definiscono le priorità della Capitale aiuta. Il nodo è un altro».

Ovvero?
«Queste nuove risorse vanno indirizzate verso nuovi orizzonti di sviluppo. Sostenibilità e commercio, ma anche rigenerazione urbana: campi in cui già siamo operativi».

Nostalgia del modello Roma?
«Quella di Rutelli-Veltroni fu una fase di svolta, adesso dobbiamo ripartire».

Crede sul serio che il declino sia iniziato con il M5S?
«No, è iniziato quando l’amministrazione ha preso il posto del governo. Contrapporre la vita delle periferie ai grandi eventi è un errore. Il no alle olimpiadi è stata una cretinata. Una città che si spegne, si spegne tutta».

Si è pentito di non essersi candidato sindaco nel 2013?
«E’ una storia antica. Sono romano, amo Roma, soffro se Roma soffre, sono contento se guarisce».

E chi dice che Calenda usi il tavolo per puntare al Comune?
«Cattiverie: il ministro sa che senza la Capitale il Paese non riparte».

Domenica ci sarà il referendum. Il Lazio, dopo la Lombardia, è la regione con il maggiore residuo fiscale. Perché non è in trincea con Maroni e Zaia?
«Prima di parlare di fiscalità dobbiamo uscire dal commissariamento della sanità: ci siamo. Noi, come tutte le regioni, abbiamo bisogno dell’Italia: servono efficienza e coesione, più che l’ autonomia. Lo stato federale deve essere l’Europa».

Pd e M5S invocano leggi speciali per la Capitale. Più fondi e una riforma della governance. Lei da che parte sta?
«Sono per il dibattito purché non diventi una scusa per non usare gli strumenti in vigore».

In campagna elettorale userà il tavolo del Mise per dire che il Governo ha commissariato la Raggi?
«No, non è così. E sicuramente non sarà un tema della mia campagna elettorale».

Per la sua riconferma teme più il centrodestra o il M5S?
«Ho fiducia che cittadini premieranno persone oneste e pulite che ci hanno messo il cuore per cambiare questa Regione».

A Roma c’è rabbia e risentimento, sconforto e abbandono. Sentimenti che non aiutano mai i governi uscenti. 
«Rinnovare la flotta di treni e autobus per i pendolari, creare lavoro, assumere i precari aiutano la coesione sociale».

Si sente più protetto sotto l’ombrello del Pd o sotto quello del centrosinistra? Questa volta è dura: per vincere avrà bisogno di una coalizione extra-large, lo sa?
«Noi vogliamo stare molto lontani dalle dinamiche nazionali della politica. Vogliamo costruire un centrosinistra nuovo, anche rispetto alle formule che abbiamo sperimentato. Avremo un grande compito: non solo quello di unire ma anche quello di rinnovare e rifondare il centrosinistra, aprendo con coraggio a esperienza nuove civiche e associative».
 

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