Neruda gli inediti d'amore

Neruda gli inediti d'amore
di Paola Del Vecchio
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Mercoledì 14 Gennaio 2015, 22:36 - Ultimo aggiornamento: 15 Gennaio, 00:19
Ventuno poesie inedite, dimenticate e sfuggite chissà come anche alla revisione dei manoscritti fatta dalla vedova, Matilde Urrutia, che in passato li aveva difesi dal furore devastatore di Pinochet. Pagine scritte fra il 1952 e il 1973, l’anno della morte dell’autore, con l’inconfondibile inchiostro verde con il quale Pablo Neruda annotava a mano un verso dopo l’altro, per raggiungere una più profonda intimità con le parole. Sono state ritrovate nelle casse che custodiscono le opere originali del poeta cileno, durante la catalogazione completa e la rilettura filologica cominciata tre anni fa da Darío Oses, direttore della Biblioteca e Archivi della Fondazione Pablo Neruda. Il lavoro certosino ha consentito di comprovare che alcune poesie «di straordinaria qualità» non erano incluse nelle opere pubblicate. Nell’annunciare a luglio il «maggiore ritrovamento delle lettere ispaniche negli ultimi anni», la casa editrice Seix Barral aveva promesso la pubblicazione degli inediti, in concomitanza dei 110 anni dalla nascita di Pablo Neruda. E il volume 'Tus pies toco en la sombra' ('I tuoi piedi tocco nell’ombra'), sarà finalmente da oggi nelle librerie in Spagna (in Italia tra qualche mese pubblicate da Passigli che ne ha acquistato i diritti), per quello che è ritenuto un evento letterario di importanza universale, dato che – spiegano in casa editrice – le poesie sono state scritte dall’autore di 'España en el corazon' dopo 'Canto general' (1950), e appartengono dunque all’epoca di maturità del poeta. «Abbiamo passato in rivista foglio dopo foglio dei circa 4.500 manoscritti. È stato un lavoro da formiche operaie», ha assicurato Darío Oses in un’intervista.



MISTERO

Resta il mistero su perché gli inediti siano apparsi dopo oltre 40 anni dalla morte di Neruda e non siano stati inclusi nei libri ai quali erano destinati. Alcune poesie – osserva il direttore degli archivi della Fondazione - come nascoste, mimetizzate dalle altre invece pubblicate. Sono stati recuperati anche altri frammenti, che non vedranno la luce, perché embrionali o cancellati a mano dallo stesso Neruda: «Sicuramente erano tentativi che non gli erano piaciuti e noi rispettiamo la sua volontà», osserva Oses. I temi sono quelli della poesia nerudiana: l’amore, la natura, il paesaggio natale e le speranze collettive. Soprattutto, una fede sconfinata nell’amore basata sull’amore per le donne reali con le quali visse: Maria Antonieta Hagenar, dalla quale ebbe una figlia, Malva Marina, che morì a otto anni; Delia del Carril, con la quale condivise quasi vent’anni di vita e Matilde Urrutia, che gli fu vicino fino alla morte, a Santiago il 23 settembre 1973. «Giorno 29 di dicembre 1952, 11 del mattino, volando a 3.500 metri di altitudine fra Recife e Rio de Janeiro», è l’annotazione a mano di Matilde Urrutia a una delle poesie inedite.



DOSSIER

Dalle quali traspaiono molte delle incognite che hanno portato di recente all’apertura di dossier sulle cause della morte del poeta, che si sospettava non provocata dal cancro alla prostata, ma da un avvelenamento ordinato dalla dittatura di Pinochet. Fino a quando, dopo l’esumazione della salma, è stata scartata l’ipotesi dell’omicidio. Ma, con i resti dell’autore di 'Memorial de la Isla Negra', è emerso anche l’amore tardivo e clandestino di Neruda per la giovanissima Alicia Urrutia, nipote di Matilde, tutt’ora vivente, che ha confessato di recente la sua relazione con il poeta. Ed è difficile non chiedersi se alcuni dei versi d’amore inediti siano stati ispirati da lei, piuttosto che dalla moglie legittima. «Por el cielo me acerco/ al rayo rojo de tu cabellera» scrive nel poema numero 5, il più antico della raccolta, datato 1952, annotato su un menù durante un viaggio in aereo.

Da poeta prolifero e compulsivo, il Nobel cileno annotava i versi nati da un’improvvisa ispirazione su qualunque foglio gli capitasse a mano. Per il bibliotecario della Fondazione Neruda, suona oggi profetica la più recente, la numero 19, scritta nello stesso anno della morte, il 1973: «He cambiado de ropa, de costumbres/soy solamente orejas,/vivo tremblando de que no me llamen/ o de que me llamen los idiotas». (Ho cambiato d’abito, di abitudini/ sono soltanto orecchi,/vivo tremando al pensiero che non mi chiamino/ o che mi chiamino soltanto gli idioti.)



LA MUSA

Ma è nel numero 7 che il poeta maturo trasmette al giovane che è stato le sue convinzioni, dicendogli: «No te metas/ a presumir de pluma, / de agonauta, / de cisne, / de trapecista entre las frases altas / y el redondo vacío,/tu obligacion/ es de carbon y fuego»(Non ti mettere/ a presumere della penna, /di argonauta, / di cigno, / di trapezista fra le frasi alte / e il vuoto perfetto, / il tuo dovere / è di carbone e fuoco). E gli raccomanda di non dimenticare i suoi e la sua terra: «Endurecete/ camina / por las piedras agudas/ y regresa» (Temprati/ cammina/ per le pietre acuminate/ e ritorna). Nel prologo al volume, il poeta e critico Pere Ginferrer risalta la poesia numero 4, senza titolo, sul fondamento della materia, prepotentemente nerudiana. Inizia con una donna che va «repartiendo cenizas en los ojos del cielo», che va distribuendo ceneri negli occhi del cielo. Chi sia questa donna, forse non lo sapremo mai.

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