MISTERO
Resta il mistero su perché gli inediti siano apparsi dopo oltre 40 anni dalla morte di Neruda e non siano stati inclusi nei libri ai quali erano destinati. Alcune poesie – osserva il direttore degli archivi della Fondazione - come nascoste, mimetizzate dalle altre invece pubblicate. Sono stati recuperati anche altri frammenti, che non vedranno la luce, perché embrionali o cancellati a mano dallo stesso Neruda: «Sicuramente erano tentativi che non gli erano piaciuti e noi rispettiamo la sua volontà», osserva Oses. I temi sono quelli della poesia nerudiana: l’amore, la natura, il paesaggio natale e le speranze collettive. Soprattutto, una fede sconfinata nell’amore basata sull’amore per le donne reali con le quali visse: Maria Antonieta Hagenar, dalla quale ebbe una figlia, Malva Marina, che morì a otto anni; Delia del Carril, con la quale condivise quasi vent’anni di vita e Matilde Urrutia, che gli fu vicino fino alla morte, a Santiago il 23 settembre 1973. «Giorno 29 di dicembre 1952, 11 del mattino, volando a 3.500 metri di altitudine fra Recife e Rio de Janeiro», è l’annotazione a mano di Matilde Urrutia a una delle poesie inedite.
DOSSIER
Dalle quali traspaiono molte delle incognite che hanno portato di recente all’apertura di dossier sulle cause della morte del poeta, che si sospettava non provocata dal cancro alla prostata, ma da un avvelenamento ordinato dalla dittatura di Pinochet. Fino a quando, dopo l’esumazione della salma, è stata scartata l’ipotesi dell’omicidio. Ma, con i resti dell’autore di 'Memorial de la Isla Negra', è emerso anche l’amore tardivo e clandestino di Neruda per la giovanissima Alicia Urrutia, nipote di Matilde, tutt’ora vivente, che ha confessato di recente la sua relazione con il poeta. Ed è difficile non chiedersi se alcuni dei versi d’amore inediti siano stati ispirati da lei, piuttosto che dalla moglie legittima. «Por el cielo me acerco/ al rayo rojo de tu cabellera» scrive nel poema numero 5, il più antico della raccolta, datato 1952, annotato su un menù durante un viaggio in aereo.
Da poeta prolifero e compulsivo, il Nobel cileno annotava i versi nati da un’improvvisa ispirazione su qualunque foglio gli capitasse a mano. Per il bibliotecario della Fondazione Neruda, suona oggi profetica la più recente, la numero 19, scritta nello stesso anno della morte, il 1973: «He cambiado de ropa, de costumbres/soy solamente orejas,/vivo tremblando de que no me llamen/ o de que me llamen los idiotas». (Ho cambiato d’abito, di abitudini/ sono soltanto orecchi,/vivo tremando al pensiero che non mi chiamino/ o che mi chiamino soltanto gli idioti.)
LA MUSA
Ma è nel numero 7 che il poeta maturo trasmette al giovane che è stato le sue convinzioni, dicendogli: «No te metas/ a presumir de pluma, / de agonauta, / de cisne, / de trapecista entre las frases altas / y el redondo vacío,/tu obligacion/ es de carbon y fuego»(Non ti mettere/ a presumere della penna, /di argonauta, / di cigno, / di trapezista fra le frasi alte / e il vuoto perfetto, / il tuo dovere / è di carbone e fuoco). E gli raccomanda di non dimenticare i suoi e la sua terra: «Endurecete/ camina / por las piedras agudas/ y regresa» (Temprati/ cammina/ per le pietre acuminate/ e ritorna). Nel prologo al volume, il poeta e critico Pere Ginferrer risalta la poesia numero 4, senza titolo, sul fondamento della materia, prepotentemente nerudiana. Inizia con una donna che va «repartiendo cenizas en los ojos del cielo», che va distribuendo ceneri negli occhi del cielo. Chi sia questa donna, forse non lo sapremo mai.
© RIPRODUZIONE RISERVATA