Il codice segreto dell’obelisco, ritrovate copie di pergamena sepolta alla base del monumento per Mussolini

Il codice segreto dell’obelisco, ritrovate copie di pergamena sepolta alla base del monumento per Mussolini
di Fabio Isman
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Giovedì 1 Settembre 2016, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 6 Settembre, 17:34
Il testo misterioso è ancora lì: sotto l’obelisco del Foro Italico: 1.200 parole in latino, di elogio del duce, della sua presa del potere e di storia della costruzione del sito che, nel 1932 quando è nato nel decennio della marcia su Roma, si chiamava appunto Foro Mussolini.

«E' un documento chiaramente scritto per i posteri», racconta Bettina Reitz - Joosse dall’Università di Groeninge, Bruges, che, con Han Lamers, docente all’Università cattolica di Lovanio, ha compiuto la scoperta. Quel testo l’ha scritto lo studioso Aurelio Giuseppe Amatucci (1867 - 1960), dal ’35 docente di Letteratura latina e cristiana antica in un ateneo cattolico, quello di Milano (su diretta iniziativa di padre Agostino Gemelli) fino al 1943, cui a Roma è anche dedicata una via: una traversa di Colli Portuensi. «E proprio tra i suoi documenti, conservati nell’Archivio Capitolino, abbiamo ritrovato una delle due copie del testo di cui siamo venuti in possesso. Ancora più completa è l’altra: era in una sorta di notiziario dell’Opera Balilla, che ci è risultato assai difficile procurarci», racconta ancora la professoressa olandese d’arte, che è appena diventata mamma.

PANEGIRICO
I primi indizi sulla esistenza di questo testo, «tre anni fa»; da allora, ricerche e silenzio. Rotto soltanto adesso, che i due docenti hanno pubblicato un libro in inglese, “The codex Fori Mussolini” un testo latino del fascismo. Sembra accertato che il documento non riveli nessun segreto: è soltanto uno sperticato panegirico, dell’uomo e del regime. Secondo Han Lamers, «Mussolini è ritratto come un nuovo imperatore romano: con toni epici, quasi biblici; descritto come il salvatore del popolo italiano». Questa è almeno la prima delle tre parti del “Codex”; la seconda elogia le organizzazioni giovanili fasciste e il loro programma. La terza, racconta poi la costruzione del luogo. Dice ancora la studiosa: «Il primo indizio, l’abbiamo trovato tre anni fa, poche parole nel testo dello studioso Peter Aicher; da lì è partita la ricerca, mia e di Han Lamers; che è stata davvero assai perigliosa».

Il testo originale, con ogni probabilità, è ancora sepolto nel basamento del candido obelisco in marmo di Carrara, alto 36 metri (17 soltanto il monolite), opera dell’architetto Costantino Costantini. Una celebre foto, ne mostra il trasporto sul Tevere, con tre piroscafi e una chiatta, sullo sfondo proprio - nemesi dei tempi- della sinagoga, sorta nemmeno trent’anni prima, accanto alla quale, una decina d’anni più tardi, si sarebbe consumata la peggior razzia di ebrei nel nostro Paese. Ci sono anche altre immagini, perché il fascismo sapeva farsi pubblicità: per esempio, a Carrara mentre viene scavata la colonna, s’intende subito salutata dal braccio teso.

SIMBOLI
Il testo è stato scritto su pergamena. E l’Opera Balilla, cui una parte è dedicata e nei cui documenti era una copia del testo, trovata dai due docenti, ha anche diffuso una moneta, certamente coeva perché su una delle due facce ha proprio l’obelisco, con Mussolini sul cui capo è una pelle di leone. La lingua usata era, evidentemente, un modo per ricollegarsi alle remote tradizioni di un altro impero: quello romano autentico, dell’Urbe; e all’epoca, veniva spesso adottata nelle diciture sui monumenti. Che non fosse stata resa nota l’esistenza del ”Codex”, significa solo che non era destinato all’uso di allora, ma costituiva un messaggio, un lascito per il domani; un panegirico a futura memoria, che racconta il fascismo fin dalle origini, non occorre dirlo, con occhio più che benevolo. E Mussolini, dice Lamers, «è trattato come un superuomo: il suo nome era scritto a lettere maiuscole». Una copia della medaglia con la pelle di leone sarebbe stata sepolta proprio accanto al testo di 1.200 parole in latino.
 
LA LINGUA
Del resto il fascismo tentò anche di ristabilire proprio quella lingua come un idioma internazionale; un tentativo che, però, non ebbe alcun successo», dice Bettina Reitz. Sotto il profilo storico, probabilmente, non ci saranno novità ma il “Codex“ è una delle rare occasioni «di sentire la voce del fascismo, che narra se stesso, destinata al futuro», dice. È singolare, tuttavia, che di questa collocazione «a futura memoria» non risulti alcun accenno nei documenti ufficiali del tempo, anche se alla costruzione del Foro, che prese dieci anni dal 1928, quando Enrico Del Debbio ne iniziò l’elaborazione, venne data, allora, la massima enfasi. In quel luogo, il duce volle anche la propria palestra personale, che ancora esiste: non lontano dal panegirico che aveva preteso e sepolto per un futuro, che fortunatamente non c’è stato.
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