Musei, Bradburne: «Così Brera cambierà. Faccia aprire anche alle eccellenze della cucina»

Musei, Bradburne: «Così Brera cambierà. Faccia aprire anche alle eccellenze della cucina»
di Laura Larcan
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Martedì 15 Settembre 2015, 23:09 - Ultimo aggiornamento: 16 Settembre, 00:11
James Bradburne, 59 anni, museologo e manager culturale, nato in Canada, ma di cittadinanza britannica, ha costruito il suo curriculum tra Los Angeles, Amsterdam, Londra e Firenze, dove ha diretto la Fondazione Palazzo Strozzi per nove anni.



Direttore, il Premier Renzi ha chiesto innovazione nei musei, Come traghetterà Brera nel futuro?

«Non c’è una bacchetta magica. Niente di cotto e mangiato. Il primo passo è vedere e ascoltare per conoscere l’esperienza di chi ha lavorato a Brera. L’innovazione, però, può essere raggiunta attraverso tre livelli. Il tipo di governance, fatta di iniziative studiate per il pubblico. Un business plan, coinvolgendo nuove fonti di risorse, creando nuove strategie per raccogliere fondi. Terzo, arricchire l’esperienza del visitatore all’interno del museo».



Proprio Renzi ha ribadito che il museo deve trasformarsi in un’esperienza. Lei a cosa pensa?

«Non posso fare un Raffaello meglio di un Raffaello. Però il contesto in cui una persona vive la cultura può cambiare. Per questo bisogna offrire al visitatore l’opera d’arte in modo che possa vivere un’esperienza culturale sempre nuova. Dobbiamo riflettere sulla cultura come modello di civiltà. Per questo l’idea è di raccontare la cultura con linguaggi accessibili a tutti i livelli, per i giovanissimi e per famiglie. Come Shakespeare. Io non posso cambiare nulla dei suoi versi, però ogni attore sul palco ripropone Amleto nel suo modo. La nostra sfida è riproporre la cultura».



La tecnologia aiuterà Brera a riproporre le sue collezioni in modo accessibile e innovativo?

«Dobbiamo utilizzare tutti i modi per aiutare ad approfondire l’esperienza della cultura».



Quale può essere un prodotto modello, magari anche sperimentale, per questa nuova Brera?

«Ancora non posso annunciare progetti specifici prima di averli condivisi con la squadra che mi aspetta a Milano. Ma posso darle un’idea. L’idea è questa: abbiamo posto in passato troppo l’attenzione sulle mostre. Come fossero eventi a sè, separati dal contesto del museo. Le nostre collezioni permanenti invece meritano un’attenzione maggiore. Quindi il mio obiettivo è condurre il visitatore a rileggere i nostri capolavori. A riscoprirli, ma con occhi diversi. Che ci siano attori, attrici, poeti, narratori. Riproporre la collezione offrendo al pubblico una condivisione nuova. La tecnologia, in questo, può aiutarci».



Cosa pensa della proposta del ministro della Cultura Dario Franceschini, di portare l'eccellenza della cucina italiana nei musei?

«È indispensabile. Dobbiamo raggiungere il vertice coprendo la base. Quindi non possiamo portare il nostro visitatore al vertice senza occuparci delle basi come un buon caffè, l'accoglienza, un luogo interessante per i bambini e l'oggettistica. Anche questa è una sfida di civiltà».
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