Micaela Ramazzotti: «Io, camaleonte del cinema»

Micaela Ramazzotti: «Io, camaleonte del cinema»
di Gloria Satta
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Mercoledì 1 Giugno 2016, 00:02 - Ultimo aggiornamento: 11:48

A Cannes, mentre il pubblico della Quinzaine acclamava La pazza gioia, ha pianto per dieci minuti filati. Ieri, ricevuta la candidatura al Nastro d’argento come migliore attrice in coppia con Valeria Bruni Tedeschi, l’altra magnifica “svitata” del film di Virzì, Micaela Ramazzotti è tornata a commuoversi. «Sono felicissima», spiega l’attrice romana, 37 anni, due figli e una carriera multiforme che spazia dal dramma alla commedia, «sia per il successo in sala del film (è il secondo incasso davanti a X-Men, ndr) sia perché divido la nomination con Valeria, un’attrice strepitosa che non ha paura di nulla e non dà niente per scontato. Ci siamo prese per mano e abbiamo dato vita due donne al di fuori delle regole, due creature libere che hanno colpito il pubblico al cuore.

 

Ed è con il pubblico che voglio condividere ora le mie emozioni». Altissima, magra, glamour da top model e sensibilità a fior di pelle, Micaela è un’attrice sorprendente. Ci ha fatto morire dal ridere nei panni della cardiologa svalvolata di Verdone (Posti in piedi in paradiso). E alzi la mano chi non ha preso il fazzoletto vedendola nel film di Virzì nel ruolo struggente di Donatella, la mamma traumatizzata e depressa ospite di una comunità di malate mentali. Prepariamoci a nuove trasformazioni. Ramazzotti ha appena girato due film: la commedia di Cristina Comencini Non dirlo a mamma e La tenerezza di Gianni Amelio per cui ha adottato l’inedito look con capelli scuri e corti.
 
A quali emozioni ha attinto per interpretare il dolore di Donatella?
«Ho giocato sul fisico, di una magrezza impressionante, e fatto appello all’innocenza del personaggio: è un animale ferito che ha un bisogno prepotente di essere amato e accudito. Ho voluto renderle giustizia, ho cercato di soffrire con lei».

E la toccante scena finale ambientata sulla spiaggia?
«L’abbiamo girata a Viareggio circondati da paparazzi, ragazzini che scattavano selfie, curiosi. Eppure, malgrado la confusione, sono riuscita a concentrarmi per esprimere le emozioni di quel momento».

Che esperienza è stata recitare accanto a delle vere malate mentali?
«Mi sono sentita libera di esprimere le mie malinconie, le mie paturnie, le mie ombre. Grazie alla loro presenza, il set ha avuto una funzione terapeutica per noi tutti».

Sono sempre più numerosi i film che puntano su protagoniste femminili: il cinema ha finalmente invertito la tendenza?
«Non credo esista un cinema femminile come non c’è un cinema maschile. Di sicuro oggi c’è molta voglia di raccontare le donne: siamo più interessanti dei maschi, abbiamo più strati».

Che ruolo ha nel film di Comencini?
«Sono una donna... svenevole, una mamma single che usa gli uomini solo per il sesso: ragiona come un maschio, non vuole complicazioni. Ho lavorato con Paola Cortellesi, un’altra grande attrice».

E Amelio che personaggio le ha affidato?
«Sono la moglie di Elio Germano. Posso solo dire che è stata un’esperienza sorprendente, il regista mi ha molto gratificata».

La pazza gioia è il terzo film che gira con Virzì: qual è il vantaggio di lavorare con il proprio marito?
«All’epoca di Tutta la vita davanti eravamo amanti clandestini, quando abbiamo girato La prima cosa bella ero incinta del nostro primo figlio Jacopo. La pazza gioia lo abbiamo concepito insieme, da tanto volevamo raccontare il disagio mentale. Accanto a Paolo entro nei progetti dall’inizio e assorbo tutto senza chiedergli molto».

Si sente più a suo agio nei ruoli comici o nelle grandi interpretazioni drammatiche?
«Amo cambiare personaggio. Forse perché non ho ancora capito chi sono e preferisco diventare qualcun altro».

Ha un sogno?
«Vorrei fare una lunga vacanza a Cuba con mio marito e i bambini.
Paolo mi ci portò appena ci siamo conosciuti, ora vorrei tornarci per rivivere quelle emozioni con tutta la famiglia. È questa la mia vita».

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