Addio a Paolo Villaggio, da megadirettore a galattico: se parliamo come Fantozzi

Addio a Paolo Villaggio, da megadirettore a galattico: se parliamo come Fantozzi
di Gloria Satta
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Martedì 4 Luglio 2017, 00:58 - Ultimo aggiornamento: 13:05

A come agghiacciante. L’aggettivo più usato nella saga di Fantozzi. Indica l’evenienza meno augurabile, l’ipotesi peggiore, l’impensabile. E’ agghiacciante la partita aziendale di calcio tra scapoli e ammogliati che annualmente nel più disastrato dei campetti di periferia.

B come bestia. Fantozzi non si arrabbia come i comuni mortali. S’incazza sempre come una bestia. Destino in qualche modo epico di un perdente.

D come dieta. E’ quella, severissima, che intraprende Fantozzi alla vigilia di una settimana bianca ad Ortisei seguendo le privazioni impostegli dal terribile professor Birkemaier.

F come Fracchia. Giandomenico Fracchia, impiegato timidissimo e frustrato, è uno dei primi personaggi creati da Villaggio e il preludio di Fantozzi. Film capitale: “Fracchia, la belva umana”.

G come galattico. E’ Villaggio a trasportare l’aggettivo dalla dimensione astrofisica al lessico comune. Indica eventi e/o persone di spessore grandissimo, irraggiungibile. Galattico è tutto quello che ha a che fare con l’ufficio del capo, le sue iniziative, i suoi programmi.

L come Lacoste. Bianca, accompagnata a scarpe di cuoio grasso e calze scozzesi, costituisce l’abbigliamento del Ragionier Filini, collega di Fantozzi portato alla celebrità dal grande caratterista Gigi Reder.
M come megadirettore. Non ci sono vie di mezzo: chiunque si collochi gerarchicamente al di sopra di Fantozzi corrisponde alla definizione.

M come mostruoso. Iperbole per eccellenza nel lessico fantozziano, finisce anche nel titolo di un fortunato libro di Villaggio: “Come farsi una cultura mostruosa”.

N come nuvola. E’ quella che insegue, tragicamente e comicamente, Fantozzi. Inesorabilmente sfigato anche quando va in vacanza. Ore 6 antelucane. E’ l’ora in cui, impietosamente, il Ragionier Filini fissa il campo per la partita da tennis con Fantozzi nella domenica più gelida dell’anno.

P come Potemkin. Definire «una cagata pazzesca» La corazzata Potemkin, capolavoro del regista sovietico Eiszenstejn, e ottenere per questo 92 minuti di applausi, rappresenta la ribellione al conformismo intellettuale. E’ una delle battute più celebri e celebrate di Villaggio, un grido che nasce dal cuore e vendica anni e anni di soporiferi film da cineclub.

Q come quaderni. Lo strumento di lavoro del maestro di “Io speriamo che me la cavo”, il film di Lina Wertmuller ispirato al best seller di Marcello D’Orta. Uno dei ruoli più toccanti di Villaggio che riscatta, se così si può dire, cinismo e ferocia della sua ispirazione.

R come rutto libero. Corollario indispensabile, anzi catartico della serata che Fantozzi si apparecchia in casa, solo davanti al televisore, per seguire la diretta della partita Italia-Inghilterra da Wembley. A base di frittatona di cipolle, il suo piatto preferito, e birra.

S come scimmia. La figlia di Fantozzi, Mariangela (interpretata dal caratterista Fernando Plinio) è l’emblema della bruttezza. “Nostra figlia è un tipo”, dice soave la signora Pina per non arrendersi all’evidenza. E Fantozzi replica impietoso: “Un tipo di scimmia, la più brutta d’Europa”.

S come Serbelloni. Visto dal basso, cioè dalla prospettiva di Fantozzi, il mondo sideralmente lontano dell’aristocrazia si sostanzia in un cognome altisonante e ridicolo: Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare. Mitico come la contessa cui appartiene.

T come tragico. L’aggettivo ”tragico”, inteso in senso surreale, definisce l’intera epopea di Fantozzi. Sottintende l’ineluttabilità della condizione di sottoposto. Ed entra nel lessico comune, assumendo la dimensione dell’immortalità. U come umano. Tra le battute più felici e tuttora citate di Villaggio, rimane «com’è umano, lei», rivolta dal sottoposto vessato al sadico superiore in un afflato di leccapiedismo masochistico. E la “poltrona di pelle umana” che adorna l’ufficio del megadirettore è tuttora sinonimo di potere.

Z come zaffiri. Sono quelli che, insieme con le ametiste, tempestano i panettoni d’oro massiccio che alla vigilia di Natale si scambiano i megadirettori dell’azienda nell’irraggiungibile Olimpo del 18mo piano.

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