Domenica Virzì: «Io, che vivo da 20 anni grazie al cuore di Marta Russo»

Domenica Virzì: «Io, che vivo da 20 anni grazie al cuore di Marta Russo»
di Cristiana Mangani
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Martedì 9 Maggio 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 10 Maggio, 19:18

Il cuore di Marta non ha mai smesso di battere veramente. E dal 14 maggio del 1997 vive nel petto di Domenica Virzì, siciliana, mamma di quattro figli, affetta da una grave malattia cardiaca. «Siamo unite per la vita», dice oggi questa signora di Enna che da vent’anni, respira, pensa, si emoziona, soffre, grazie a quel “regalo” che i genitori della ragazza uccisa hanno voluto donare a lei e ad altre cinque persone, quando hanno saputo che non c’era più niente da fare per la loro figlia. Una prova di grande civiltà e di grande amore.

Che ricorda di quella serata?
«Era l’una di notte del 13 maggio quando ho ricevuto la telefonata dei medici. Mi hanno detto che c’era un cuore per me, che era il mio turno per il trapianto. Ho esitato, nella lista d’attesa non volevo neanche entrarci. Rifiutavo l’idea. Sono molto credente, non riuscivo ad accettare che qualcuno dovesse morire per permettermi di vivere».

Le sue condizioni erano molto gravi, rischiava di non farcela.
«Sì, i medici di Catania dove ero in cura, erano stati chiari. Mi avevano detto che solo un trapianto avrebbe potuto salvarmi. Ma quella notte, quando è arrivata la telefonata, ero sola in casa, mio marito fa il camionista. Ho cercato di prendere tempo, di suggerire qualcun altro al mio posto. Mi hanno spiegato che l’organo era compatibile, che ero io la più adatta a riceverlo. Non sapevo che fare, ero molto agitata, e allora ho chiamato il mio sacerdote. Lui è venuto, ne abbiamo parlato, ma non se l’è sentita di consigliarmi. Insieme abbiamo aperto una pagina della Bibbia, così a caso, cercavo un segnale, e questo è arrivato. Ho letto una frase che diceva “le cose della terra appartengono alla terra e le cose di Dio appartengono a Dio, e Dio farà nuove tutte le cose”. Mi è sembrata una frase positiva, e allora mi sono fatta forza e sono entrata in sala operatoria. Mentre la mia famiglia arrivava al policlinico di Catania».

Quando ha saputo che il cuore era di Marta Russo?
«In genere non si deve sapere, la legge non lo consente, ma il suo caso era troppo eclatante, non si parlava di altro in quel periodo nei telegiornali. Anche se io non ne sapevo niente, non ero al corrente della storia. Da quando avevo saputo della vicenda di Nicholas Green, il bambino americano ucciso nel ‘94 sull’autostrada in Calabria, non riuscivo più a guardare la tivù. Ero scioccata. Però, è successo subito qualcosa di bello. Dopo l’operazione, quando mi sono svegliata, mi sono sentita subito bene. Stavo bene. E ho avuto un unico desiderio: incontrare i genitori di Marta. Volevo ringraziarli, ma volevo anche soltanto vederli, conoscerli».

E come è andata?
«Anche loro mi hanno cercata: Donato, Aureliana, Tiziana. Prima li ho sentiti al telefono, poi un anno dopo, a maggio, sono venuti a trovarmi. Un’emozione fortissima. Erano parte di me, eravamo un’unica famiglia».

Vi siete più visti?
«Sì, molto spesso. Noi siamo stati al matrimonio di Tiziana, loro sono venuti a quelli dei miei figli. Ci incontriamo almeno un paio di volte all’anno, e ci sentiamo al telefono, per messaggio, anche qualche giorno fa. Sarebbe impossibile per me immaginare di non avere rapporti con loro. E’ un legame molto forte».

Lei ora come sta?
«Dal giorno del trapianto la mia vita è cambiata totalmente. Era una vita spenta, senza alcuna energia. Il cuore di Marta mi ha dato la forza per andare avanti, per reagire all’operazione. C’erano anche quei genitori da non deludere. Il primo periodo ho temuto che potesse esserci un rigetto, ma è andato tutto bene. Ora batte tranquillo».

Avete avuto contatti anche con gli altri che hanno ricevuto gli organi?
«Solo con un ragazzo che ha ricevuto il fegato. Ci siamo conosciuti, ci sentiamo. Io, poi, sin dal primo momento ho deciso di aderire all’associazione fondata da Aureliana e Donato Russo per sostenere la donazione degli organi. Vado spesso con lei a parlare di questo nelle scuole. Liana racconta la storia di Marta, il dolore per la sua perdita, io parlo di quanto sia importante essere sensibili al problema. Nel nostro paese sono stati fatti grandi passi avanti, ma bisogna fare ancora di più. E mi auguro che la mia storia aiuti a non avere dubbi. Io devo la mia vita a quella povera ragazza uccisa e alla forza d’animo dei suoi genitori. Avevo trent’anni quando, dopo due interventi, ho avuto un infarto e il mio cuore ne è uscito danneggiato in modo irreparabile. Marta mi ha ridato la vita. Non avrei mai pensato di riuscire a vedere i miei nipotini, i miei figli crescere».

Quando rivedrà la famiglia Russo?
«Spero prestissimo».

Domenica, il cuore è solo un muscolo?
«Il cuore è il motore della vita, è la persona. Non c’è mattina che io non mi alzi e pensi a Marta».

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