Toghe, record di condanne disciplinari: una su 4 è per ritardata scarcerazione

Toghe, record di condanne disciplinari: una su 4 è per ritardata scarcerazione
di Valentina Errante e Sara Menafra
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Martedì 20 Febbraio 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 00:04
ROMA A mandato quasi concluso, il bilancio è di oltre 500 procedimenti disciplinari definiti. Violazioni più o meno pesanti che hanno visto coinvolte le toghe e sono state esaminate dal Csm tra il 2014 e il 2018. Otto i casi di corruzione, contestati dalle procure, di cui, in seconda battuta, si è occupata la sezione disciplinare. Ma a Palazzo dei Marescialli, ci tengono a precisare che non c’è una “Questione morale”, anche se non è ancora finita. L’ultimo episodio è quello che ha portato all’arresto dell’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo, già trasferito al Tribunale civile di Napoli e adesso sospeso in via cautelare. Ma non tutti i casi sono così gravi, molti riguardano la scadenza dei termini di custodia o la mancata scarcerazione, altri si sono chiusi con archiviazioni, censure o brevi sospensioni. Ieri, la rimozione dall’ordine giudiziario è arrivata per l’ex pm Matteo Di Giorgio, già sospeso e condannato in via definitiva a 8 anni per corruzione e concussione. Attualmente recluso nel carcere di Matera.

ALTRI ILLECITI
Il presidente supplente della Sezione disciplinare e presidente della prima commissione, Antonio Leone, frena: «È vero che otto magistrati sono accusati di corruzione, ma non penso esista un problema morale, con i numeri di magistrati che ci sono, è più interessante rilevare la mancanza di protezione reciproca che forse in passato era presente». Leone spiega che è proprio la prima commissione a funzionare meno: «Le gambe del nostro sistema disciplinare - dice - sono almeno tre, ovvero quattro: la prima commissione valuta le incompatibilità ambientali e funzionali, la disciplinare cura gli illeciti dolosi, la quarta fa valutazione di professionalità. A questo sistema si somma il codice deontologico dell’Anm che da qualche tempo ha un sistema di controllo affidato anche a dei probi viri». Il sistema, dice Leone, andrebbe riformato: «Gli organismi che agiscono sono tanti eppure in molti casi non si arriva ad una sanzione, in particolare la disciplina sull’incompatibilità è ormai difficile da applicare, è un’arma spuntata. A questo punto mi viene da dire che l’incompatibilità ambientale andrebbe eliminata per aggiungere, invece, altre tipizzazioni», attraverso quella che i giuristi chiamano norma “di chiusura” per colpire i casi non specificatamente previsti: «Tra le ulteriori tipizzazioni che andrebbero pensate - dice Leone - ci sono le situazioni di illeciti extrafunzionali: mi riferisco al dovere di riserbo, alle critiche politiche, alle prese di posizione di natura ideologica, ai commenti alle iniziative governative che possono portare i cittadini a presumere una politicizzazione del singolo magistrato».

I NUMERI
Dei 569 procedimenti definiti, 174 sono stati chiusi con condanne, incluse censura e ammonimento. Altrettanti con assoluzioni. Sono invece 25 le sentenze di non doversi procedere e 196 le archiviazioni. Anche le misure cautelari sono state 25, otto le sospensioni e un trasferimento d’ufficio. Tra ottobre 2014 e febbraio 2018 sono state celebrate 258 udienze. Nel 38 per cento dei casi, le sanzioni hanno riguardato il grave e ingiustificato ritardo nel compimento delle proprie funzioni, soprattutto nel deposito di provvedimenti giudiziari, mentre nel 23 ritardate scarcerazioni. Ossia l’omesso controllo da parte di giudici e pm sulla scadenza dei termini di custodia cautelari. 

I CASI
All’esame del Csm non finiscono tutte le segnalazioni dei cittadini, il passaggio obbligato è dalla procura generale della Cassazione che, nel solo 2017, ha ricevuto 1.300 esposti. E non sempre i casi esaminati a Palazzo dei Marescialli si concludono con pesanti sanzioni. Come nel caso dell’ex pm di Napoli che, tra maggio e ottobre 2003, con il telefono del turno aveva chiamato 65 volte un’utenza a pagamento di cartomanzia e nel 2013, dieci anni dopo, uscita indenne dal processo penale, ha chiuso la vicenda con una censura. Anche il giudice che assumeva cocaina nei bagni del tribunale di Palmi ed è stato soccorso in preda alle convulsioni negli uffici giudiziari la condanna non è stata pesante: un anno fuori dalla magistratura. È stato invece sospeso in via cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e collocato fuori ruolo con un semplice assegno alimentare, il giudice di Cassazione che affittava alcune stanze attigue al suo appartamento ad alcune prostitute.
 
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