Gag, videoproiezioni e maghi: uno, mille e nessun “Barbiere”

Gag, videoproiezioni e maghi: uno, mille e nessun “Barbiere”
di Luca Della Libera
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- Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 13:47

Uno, mille, nessuno. L'ambizioso progetto del regista Davide Livemore chiamato a festeggiare i duecento anni del Barbiere di Siviglia di Rossini al Teatro dell'Opera di Roma non è riuscito. Nel nuovo allestimento andato in scena dall'11 febbraio non era sempre facile cogliere l'idea interpretativa che il regista aveva spiegato nella conferenza stampa di presentazione dello spettacolo. 
Due i propositi annunciati da Livermore, regista che si era fatto apprezzare nella recente Bohéme di Puccini a Caracalla: da una parte ritrovare la forza eversiva di Beaumarchais, la condizione originale di testo “scomodo” e dall'altra condensare in un solo spettacolo una rassegna qualificata di tutti i “Barbieri” degli ultimi duecento anni. Durante la Sinfonia il protagonista è un topo in un cartone animato dove si susseguono i ritratti di vari tiranni, da Luigi XVI fino a Saddam Hussein passando anche da Mussolini e altri, decapitati uno dopo l'altro dopo che Figaro gli ha fatto la barba. In scena, all'inizio del primo Atto anche una ghigliottina, a ricordare l'epoca in cui il testo di Beaumarchais fu redatto. Una volta cantata la sua cavatina, il conte d'Almaviva è decapitato, ma poi si riattacca la testa con disinvoltura, come niente fosse.

VIRTUOSISMO
Lo spettacolo prende le mosse in questo clima che vorrebbe essere divertente e gag che dovrebbero far ridere ma non ci riescono, nonostante il virtuosismo tecnologico delle videoproiezioni, firmate da D-Wok, la fantasia dei bei costumi di Gianluca Falaschi e le tante citazioni cinematografiche e teatrali. Soprattutto nel primo atto il palcoscenico è immerso in un'atmosfera grigia e tetra che certo non ha aiutato. I personaggi alla Tim Burton o alla Dottor Stranamore sono slegati rispetto al decorso dell'opera: Don Bartolo è su una sedia a rotelle e Don Basilio ha un braccio metallico che emette un suono sinistro ad ogni movimento. La presenza di giochi di magia e di un mimo vestito da orso non aggiungono nulla alla scena già molto affollata.

CHARLESTON
Nella sua carrellata storica attraverso i secoli, il “Barbiere” prosegue per l'età del charleston: il finale del primo atto è il momento più riuscito. La vicenda si chiude con un'ambientazione contemporanea: i personaggi principali sono tutti stretti davanti alla televisione comprata a rate, mentre il coro canta con un occhio al cellulare in mano. 
Sul podio un direttore dell'esperienza di Donato Renzetti ha garantito una buona tenuta dell'Orchestra e del Coro del Teatro anche se il risultato non è sembrato particolarmente brillante. Florian Sempey era un Figaro ben preparato vocalmente ma non altrettanto scenicamente. Buona la prova di Edgardo Rocha, nei panni del Conte Almaviva; ha superato indenne la difficilissima aria Cessa di più resistere. Chiara Amarù, nel ruolo di Rosina, possiede un timbro molto bello e caldo, ma allo stesso tempo non sempre era in grado di controllare i passaggi di registro e i momenti virtuosistici. Ildebrando D'Arcangelo ha risolto con la sua grande esperienza il ruolo dello storpio Don Basilio impostogli dal regista; meno convincente è stata la prova di Simone Dal Savio nei panni del perfido Don Bartolo in sedia a rotelle. 

Alla conclusione della prima, una buona parte del pubblico ha sonoramente contestato il regista, applaudendo gli interpreti e il direttore. Sono previste in programma quattro repliche fino al 21 febbraio.[FIRMA-E-SIGL]
 
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