Mafia Capitale, la Corte dei Conti chiede risarcimento ai politici: «Un danno biologico per Roma»

Mafia Capitale, la Corte dei Conti chiede risarcimento ai politici: «Un danno biologico per Roma»
di Michela Allegri
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Sabato 20 Maggio 2017, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 21 Maggio, 21:20
Una città devastata, il ciclo dei rifiuti al collasso, il verde deturpato, il sistema degli appalti gestito dalla cupola mafiosa che per anni è stata legata a doppio filo con la pubblica amministrazione. Per i magistrati della Corte dei conti del Lazio, dopo “Mafia Capitale”, Roma è una città offesa e sfregiata, paralizzata, che ci metterà tempo a rimettersi in sesto. Un danno che, per i giudici contabili vale circa venti milioni di euro: 19.864.398, per l’esattezza. È la cifra che i pm di viale Mazzini chiedono indietro a quattordici, tra politici e funzionari che, permettendo al boss Massimo Carminati e al suo braccio destro imprenditoriale Salvatore Buzzi di ridurre la Capitale al collasso, hanno «tradito l’elettorato e i principi fondanti di una democrazia». I magistrati contestano perciò un «danno biologico», per il degrado in cui versa oggi la città che, dopo il «terremoto amministrativo» provocato dall’inchiesta, ha subito una vera e propria paralisi derivata dalla «generale sensazione di timore e di inerzia psicologica» che si sono diffuse tra i dipendenti comunali. È tutto scritto nell’atto di citazione che il procuratore capo Andrea Lupi e i viceprocuratori Massimiliano Minerva e Ugo Montella hanno inviato ai pubblici ufficiali coinvolti nell’inchiesta per la quale, al termine del processo penale, sono stati chiesti 515 anni di carcere. Il prezzo da pagare, oltretutto, potrebbe salire dopo la pronuncia dei giudici di piazzale Clodio. L’udienza contabile si terrà il 18 marzo 2018.

SERVIZI SOCIALI
Nel documento, un intero capitolo è dedicato al dipartimento Servizi sociali del Comune di Roma e alla gestione dei campi nomadi, dove, per la procura, emerge con la massima evidenza la rete dei contatti di cui Buzzi poteva disporre e dove convergono «interventi politici al massimo livello». Il riferimento è a Luca Odevaine, l’ex delegato del Tavolo nazionale per l’immigrazione e considerato l’uomo di collegamento tra la criminalità comune e le stanze del governo, già condannato a 2 anni e 8 mesi, la restituzione di 250mila euro, e sul quale pende un’altra richiesta di condanna. Per la Corte di conti, avrebbe venduto la funzione pubblica «al più alto livello» e avrebbe «effettuato pressioni per l’apertura di centri di accoglienza in luoghi graditi al gruppo facente capo a Buzzi». Sarebbe responsabile di 3 milioni e mezzo di danno.

I POLITICI
Quelli che rischiano di pagare il prezzo maggiore sono i politici coinvolti: l’ex presidente dell’assemblea capitolina Mirko Coratti e il suo capo staff Franco Figurelli, il capogruppo Pdl prima in Campidoglio e poi in Regione Luca Gramazio, l’ex assessore Daniele Ozzimo, già condannato a piazzale Clodio con rito abbreviato a 2 anni e 2 mesi, il consigliere comunale Pierpaolo Pedetti, e Giordano Tredicine, ex vicepresidente dell’assemblea capitolina. Un «coté pubblico al servizio di interessi privati», scrivono i pm. Che avrebbe provocato una vera e propria «paralisi» dell’attività amministrativa di Roma. I pm insistono su questo punto e parlano - tra l’altro - della morte di siepi nelle ville storiche, del degrado di parchi, giardini, piste ciclabili e aree giochi per bambini.

Ci sono poi le municipalizzate. Quella dei rifiuti, l’Ama, è stata «terreno di caccia del sodalizio». Era il regno di Franco Panzironi, ex amministratore delegato a libro paga della cosca, e Giovanni Fiscon, ex direttore generale. Per i pm, i due sarebbero responsabili, rispettivamente, di 10 milioni e 864mila euro e più di 8 milioni di euro di danno. La Eur Spa, società in house del Comune, sarebbe stata invece collegata alla cupola grazie al dirigente Carlo Pucci.

Rischiano di dover risarcire il Campidoglio anche i funzionari capitolini che si sarebbero messi al servizio del sodalizio criminale. Da Claudio Turella, direttore del Servizio Giardini, a Angelo Scozzafava e Emanuela Salvatori, rispettivamente capo e dirigente del dipartimento Promozione dei Servizi Sociali, fino ad Andrea Tassone, ex presidente del X Municipio, quello di Ostia, sciolto proprio per mafia.

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