Lucrezia Lante della Rovere: «A 40 anni sei una peonia e a 50 qualche petalo cade»

Lucrezia Lante della Rovere: «A 40 anni sei una peonia e a 50 qualche petalo cade»
di Simona Antonucci
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Sabato 28 Ottobre 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 2 Novembre, 19:10
«A casuccia, ferma, mi verrebbe l’angoscia. Di abitudini, radici e certezze posso farne a meno. Mi sento ancora una ragazza con la valigia». Lucrezia Lante della Rovere, 51 anni, è in giro per l’Italia, con la valigia, e porta in tour lo spettacolo Il padre, accanto ad Alessandro Haber, regia di Piero Maccarinelli, che il 2 novembre arriva a Roma, all’Ambra Jovinelli, dove resterà fino al 19. «Si parla del tempo che passa, di un padre che invecchia e si ammala, ma l’Alzheimer diventa una chiave di lettura della vita», spiega, mentre un magnifico bracco italiano la porta a spasso. 

Pensa mai al tempo che passa?
«Soltanto quando mi dimentico gli occhiali e non riesco ad aprire il lucchetto del motorino. Diciamo che la manutenzione del corpo è diventata più laboriosa e impegnativa. Ma non mi lamento».

Lei ha debuttato giovanissima nel film di Monicelli Speriamo che sia femmina, recitando accanto a due dive come Catherine Deneuve e Stefania Sandrelli. C’è voluto più coraggio o incoscienza?
«Incoscienza! Non mi sono resa conto di nulla. Facevo la modella e sono capitata sul set per caso. Mi aggiravo con gli occhioni da Bambi, più stupita che intimorita. La paura è venuta dopo, quando ho deciso di fare l’attrice sul serio. Allora ho cominciato a tormentarmi: devo studiare, mi devo preparare...».

La famiglia: lei discende da Giulio II, il papa mecenate. Lo racconta alle sue figlie? È un vanto?
«Il mio rapporto con la famiglia è stato sempre dissociato. Da una parte papà che ha rinnegato le sue origini aristocratiche, dall’altra mamma che teneva al cognome di mio padre e in qualche modo lo usava. Anche per lavorare e guadagnare, visto che in casa di soldi ne giravano pochi. Sono cresciuta così, tra un estremo e l’altro. Nella confusione, un unico faro: la bellezza. Sapere che i miei avi hanno contribuito a crearne tanta, mi inorgoglisce».

Tra le varie esperienze lavorative c’è anche un passaggio nella giuria di Miss Italia: che cosa ricorda?
«Una sofferenza terribile. Tutte quelle ragazzine in lacrime. Mezze spogliate con i numeri sul petto... Il tormento delle madri. Adesso, però, vedo tutto in un altro modo. Se si ha del talento, è un’occasione da sfruttare. Il mondo va così».

Qual è il difetto che non perdona?
«L’assenza di gusto, come di autenticità, mi indispone. Se una persona è particolare, mi attrae subito. Se è fasulla, mi fa scappare».

Qual è il difetto che non è ancora riuscita a correggere?
«L’impazienza. Sono anni che mi ripeto: conta fino a dieci prima di dire quello che pensi. E invece, niente. Eppure si impara a contare alle elementari».

A proposito di conti, che cosa succede a una donna quando arriva a quarant’anni, poi cinquanta etc? Veri traguardi? O solo croci?
«Ogni dieci anni parte il tormentone. Ma va bene: le cose cambiano. Solo che a quarant’anni sei una peonia esplosa, a cinquanta qualche fogliolina comincia a cadere».

Quali sono i segni del tempo che più la toccano?
«Intanto, si entra in un’età in cui i genitori possono esserci come non esserci. Passi in prima linea. Poi cominci a sentire una certa fragilità rispetto alla sessualità. A trent’anni io ero attratta da uomini molto più grandi. Ora, no. Anziani con la pancia, no. Diciamo che l’incastro è più complicato».

Sembra che nella sua vita le donne, mamma e figlie, siano la costante, mentre gli uomini un po’ più passeggeri: è una formula?
«Gli amori finiscono. Vale la pena battagliare per il padre dei figli, ma accanirsi a mantenere in piedi un rapporto finito ,no. Ho sempre sognato, e continuo a pensarlo, che avere un compagno accanto sia stupendo. Avevo 21 anni quando è iniziata la mia vita di coppia. Una bambina. Non avevo gli strumenti, ma è andata bene. Ho imparato che i rapporti e le persone cambiano. Ora l’amore è per il mio cane. Un bracco italiano, Arturo. Tra l’altro mi mantiene in forma, facciamo chilometri insieme, all’aria aperta».

Quando si guarda allo specchio, cosa la fa sentire bella?
«Io mi sento assolutamente rossa. E lo esalto più che posso con tinte ed henné. Mi corrisponde».

E che cosa non le piace?
«Io sono un po’ “fiancona”. Certo, ho le gambe lunghe, ma le caviglie le avrei volute più sottili. Comunque, la perfezione non è sinonimo di sensualità. Me ne sono fatta una ragione».

Progetti.
«Sono la moglie di Carlo Verdone nel suo prossimo film. È la prima volta che lavoro con lui. Il 20 arriva su Rai1 la fiction La strada di casa con Alessio Boni, una bella storia un po’ rosa un po’ gialla. E intanto sono in giro con lo spettacolo Il padre».

Il meglio deve ancora venire?
«Direi di sì. Io sono un diesel. Ho preso la rincorsa. E ora aspetto».
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