Luca De Filippo, una vita in scena: scompare a soli 67 anni il figlio del grande Eduardo

Luca De Filippo, una vita in scena: scompare a soli 67 anni il figlio del grande Eduardo
di Rita Sala
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Sabato 28 Novembre 2015, 13:17 - Ultimo aggiornamento: 29 Novembre, 13:32
Ha forse inseguito per tutta la vita (una vita crudelmente breve) la grandezza del padre Eduardo. Quel padre al quale doveva tutto, la stirpe, la scuola, il rigore. Ma che solo tardivamente, una notte a Taormina, sul palcoscenico del Teatro Greco, gli aveva chiesto perdono in pubblico per non avergli riservato le tenerezze cui ogni figlio avrebbe diritto. Fu una sorta di toccante confessione: il maestro parlò del gelo di cui si nutre a forza il mestiere del teatro ben praticato, la difficoltà costante di far fronte a tutto, uomini e cose, la determinazione di mantenere l’amore del pubblico, a costo di tralasciare una calligrafia affettiva che esige presenza e tempo.
Luca è sempre stato accanto al suo celebre papà, è cresciuto sulla scena rubandone le occhiate, i silenzi, le caparbietà. Ha impersonato, tra i tanti ruoli, il dispettoso figlio, solo all’apparenza ribelle, di Natale in casa Cupiello, il ragazzo che ostinatamente si oppone all’annuale appuntamento con il presepe. E alla fatidica domanda «te piace ’o presepe?», risponde no, no, no, no...
Luca se n’è andato dopo avere tenuto duro, come gli è stato insegnato, per non abbandonare l’ultimo spettacolo, che stava portando in tournée. Non ti pago, commedia di Eudardo, è stata in scena al Teatro Strehler di Milano, e Luca ne era regista e protagonista. Luca che ha ceduto solo quando la sofferenza (ricoverato in ospedale il 10 novembre, gli era stata diagnosticata dapprima una discopatia, poi il male che non gli ha dato scampo) si appoggiava a un bastone non davanti agli spettatori, ma solo dietro le quinte.

LA VITA
Era nato a Roma il 3 giugno 1948, da Eduardo e Thea Prandi, cantante, attrice e soubrette. Il suo esordio nella scena fu nello storico testo di Scarpetta Miseria e nobilità, a soli sette anni. Eduardo gli affidò la parte del piccolo e pervicace Peppiniello, sicuro di avviarlo alla professione secondo le rigide regole di famiglia, fatte di esempio e di pazienza, di fatica e di passione.
Per due decenni il ragazzo fu accanto a Eduardo in questo apprendistato all’antica italiano. Lavorò in teatro e in tv, nelle commedie del grande attore e regista realizzate per il piccolo schermo, titoli in seguito ripresi da Luca stesso in allestimenti da lui firmati, da Filomena Marturano al Sindaco del Rione Sanità, da Uomo e galantuomo a Natale in casa Cupiello, Le voci di dentro, Gli esami non finiscono mai.

Solo raramente, benché fosse dotato di un carattere non alieno dagli slanci e da qualche bizzarria, Luca ha dimenticato sul piano personale e su quello professionale lo sguardo del suo mentore. A Eduardo ha dedicato attenzione costante, soprattutto quando, dopo la sua scomparsa, c’era da difendere la fedeltà all’originale di ogni testo lasciato al mondo. Solo di recente, con stupore di molti, aveva affidato proprio Natale in casa Cupiello alla regia destrutturante e immaginifica di Antonio Latella, che ha reso la commedia qualcosa di ben diverso dalla versione tradizionale.

Riottoso alle leggi della mondanità, Luca impegnava tutte le sue energie nelle imprese che stimava primarie, ad esempio la riapertura del Teatro San Ferdinando di Napoli, di cui era direttore e che aveva trasformato nel tempio della napoletanità classica, oppure la conquista della donna amata, nella fattispecie Carolina Rosi, figlia di Francesco Rosi e attrice, sposata nel 2013 avendo già tre figli (Matteo, Tommaso e Luisa) concepiti con due compagne diverse.

Nel rebus della sua personalità, sognava persino di costruire un teatro a Roma, accanto ai resti dell’Acquedotto Felice, un luogo di spettacolo e ricerca dotato anche di una “Locanda per attori”.
Per assurdo, sarebbe forse vissuto con più agio se coetaneo del padre e del cugino Luigi e della zia Titina, in un tempo di comprimari irresistibili eppure mai sgomitanti che riuniva le grandi famiglie teatrali attorno ai tavoli delle trattorie, a notte fonda dopo lo spettacolo, tra commenti sulla serata e progetti per il domani.

Era un dopo spettacolo sublime e insieme crudele che maturava giorno per giorno proprio il gelo di cui il padre gli ha chiesto perdono.
La fatica di coniugare arte con vita, stimmate familiari con il culto del mito paterno, è purtroppo precocemente finita. Rincontrando tuo padre, puoi comunque assicurargli, Luca, che nessuno avrebbe assolto meglio di te il compito di tutore di un teatro con un piede nel passato, due nel presente e tre nel futuro.
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