Il luogo-simbolo nel mirino della jihad: «Oltre al turismo qui colpiscono l’arte»

Il luogo-simbolo nel mirino della jihad: «Oltre al turismo qui colpiscono l’arte»
di Francesca Pierantozzi
3 Minuti di Lettura
Sabato 4 Febbraio 2017, 00:01
PARIGI Se lo aspettavano, e se lo aspettano ancora. I terroristi puntano al cuore di Parigi, puntano al Louvre. Era già in cima alla lista per Al Qaeda: c’era un piano nel 2013, avrebbe dovuto colpire un commando di Al Aqmi, cioè l’Al Qaeda nel Maghreb, ma i servizi segreti arrivarono prima. Questa volta è stato, forse, un lupo solitario, che è comunque riuscito ad arrivare a cinquanta metri dalle file d’ingresso del museo, appena dietro la piramide rovesciata. 

Due mesi fa, il 6 dicembre, proprio al Louvre era stata organizzata un’esercitazione a grandezza naturale. Era un martedì, giorno di chiusura del museo. Le forze dell’ordine hanno simulato un attentato, l’attacco di un commando, l’irruzione con i kalashnikov, la risposta della polizia, i feriti. L’esercitazione è durata più di cinque ore, ha paralizzato il centro di Parigi, il tempo di capire quanto grande potrebbe essere il terrore, quanto grande è l’obiettivo. Con la Tour Eiffel e con la Basilica del Sacro Cuore, il Louvre è uno dei luoghi al centro del Vigipirate, il dispositivo antiterrorismo che da ormai due anni è al massimo grado a Parigi. Ieri mattina, subito dopo l’apertura, erano già quindici i militari in mimetica e mitra a sorvegliare gli ingressi e il Carrousel, la grande galleria commerciale di marmo che si snoda sotto al museo. I turisti lo sanno, e anche i francesi. L’anno scorso il museo ha registrato un calo netto dei visitatori: due milioni in meno rispetto al 2014, un tracollo, erano 9,3 milioni nel 2014, sono stati 7,3 milioni nel 2016.

MENO GENTE
Ci si è abituati a file velocissime davanti alla Piramide, a non aspettare per niente davanti alle biglietterie, e non soltanto perché gli ingressi sono stati rimodernati e resi più funzionali. C’è meno gente, molti meno giapponesi e cinesi, ma anche meno tedeschi, meno americani, meno italiani. È evidente quando si scende nel grande atrio: più silenzio, più facile fare le foto alla Nike di Samotracia, era quasi sempre impossibile, prima, quando c’era la folla. E poi non si vedono più i gruppi di ragazzi e ragazzini delle scuole: un cataclisma per quella che era la destinazione più classica tradizionale, inevitabile delle “gite”, la visita alle mummie, alla Gioconda, al Radeau de la Méduse. Dopo Charlie Hebdo, i ragazzi delle scuole al Louvre sono passati da 685mila l’anno a 365mila. I maestri preferiscono evitare, i genitori non insistono. Anche il Carrousel, l’arteria commerciale sotto al museo aperta nel ‘93, dove c’è un enorme Apple Store, ristoranti, bar ha subito un brusco ridimensionamento: accoglieva 15milioni di persone l’anno, circa 40mila persone al giorno fino al 2014: appena tre giorni fa era stata annunciata una diminuzione di visitatori del 17 per cento.

LE ALTRE METE
La paura del terrorismo tocca anche gli altri simboli della città, ma non così duramente: la Tour Eiffel, per esempio, ha registrato un calo di “appena” il 2,5 per cento negli ultimi due anni. Poche settimane fa l’esperto di sicurezza Alain Flandrois aveva ricordato in un’intervista quanto il Louvre fosse l’obiettivo “perfetto”: «Riunisce tre condizioni indispensabili, l’alto livello di frequentazione, la sua fama mondiale, e i temi che propone». I temi: ovvero l’arte, la cultura, la religione, il corpo, la bellezza. «I più grandi atti di barbarie della storia sono stati commessi da chi voleva negare la storia dell’uomo e la sua cultura».
Ma se il calo dei visitatori c’è, tanti sono anche determinati a non lasciarsi intimorire. Come il professore di una scuola media, che ieri si trovava con la sua classe nell’ala della pittura francese quando è scattato l’allarme e l’ordine di restare confinati. «È andato tutto bene – ha detto – e abbiamo approfittato per dedicare più attenzione a Ingres e David…».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA