La svolta di Londra: così il quartiere dell’elite è passato al rosso Corbyn

La svolta di Londra: così il quartiere dell’elite è passato al rosso Corbyn
di Cristina Marconi
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Domenica 11 Giugno 2017, 00:04
LONDRA Tra le case di burroso stucco bianco e le Lamborghini fiammanti parcheggiate accanto alle siepi geometriche dei grandi giardini, Kensington tutto sembra tranne che un covo di socialisti. Eppure la laburista Emma Dent Coad, rassicurante signora con un bel sorriso e i capelli rossi, è la nuova deputata della costituency più ricca del paese, stipendio medio ben oltre le centomila sterline all’anno a persona, monolocali da un milione e una tradizione Tory che nessuno avrebbe mai neppure pensato di poter mettere in dubbio. Tanto che per capacitarsi che quei venti voti in più presi dalla Dent Coad fossero veri, gli scrutinatori esausti hanno dovuto, o voluto, ricontare per ben tre volte, facendo arrivare i loro risultati con quasi un giorno di ritardo rispetto al resto: a quelle 16.333 schede contro le 16.313 della conservatrice Victoria Borthwick non ci poteva credere nessuno. Le ragioni di questo risultato a sorpresa sono tre, e solo due riguardano Kensington in particolare. 

LE RAGIONI
La prima è che molte delle belle case di qui appartengono a gente che non ci vive, a facoltosi stranieri che le usano come pied-à-terre londinesi o a fondi d’investimento che si sono arricchiti con le corse folli dei prezzi immobiliari di questi anni. Molti vecchi residenti lamentano il fatto che alcune zone siano sempre deserte e che il quartiere abbia perso l’anima vivace, seppur molto aristocratica, che l’ha sempre caratterizzato. La seconda è che come in tutta Londra, anche nei quartieri alti ci sono sacche di povertà nelle case popolari costruite nei buchi lasciati dalle bombe tedesche della seconda guerra mondiale. Di Kensington fa parte anche quella zona di Notting Hill dove le grandi case patrizie fanno largo ai grandi condomini dove vivono persone, spesso molto giovani, che senza l’impulso dato da Jeremy Corbyn forse non sarebbero mai andate a votare. È stata questa la forza del leader laburista, la sua vera vittoria. 

La terza ragione, quella che dovrebbe far riflettere di più Theresa May o chi per lei e che non riguarda solo questa zona dalla ricchezza ultraterrena, sta nel fatto che la “hard Brexit” e in particolare l’uscita dal mercato unico non piace ai banchieri, non piace agli investitori, non piace a chi fa affari. Nell’ultimo anno i prezzi delle case sono rimasti stazionari, la pressione si è allentata, la domanda anche. Non solo, per chi vuole fare lavori e ristrutturazioni è diventato tutto molto più difficile, perché la manodopera nel settore dell’edilizia è soprattutto straniera e non c’è ricambio, la gente se ne va.

I DISTINGUO
I “citizens of nowhere”, le elites cosmopolite che la premier tanti mesi fa ha definito in maniera sprezzante «cittadini di nessun posto», abitano in posti come Kensington e il particolare tipo di conservatorismo proposto dalla May non è il loro, affezionati a quello liberale di David Cameron e di George Osborne. Qui 37,601 elettori hanno votato per il remain l’anno scorso, contro i 17,138 del leave. Nel suo essere indefinita e vaga, l’uscita dall’Unione europea prevista da Corbyn è sicuramente più rassicurante, plasmabile, possibilista di quella propugnata dalla May. E poi il compagno Corbyn non ha vinto, non è finito lui a Downing Street. Ha solo dato molto, molto, molto fastidio ad un piano che qui, come altrove nel paese, spaventa molto.
 
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