Ecco Lily-Rose: «Papà Depp mi manda sola»

Ecco Lily-Rose: «Papà Depp mi manda sola»
di Gloria Satta
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Domenica 15 Gennaio 2017, 00:49 - Ultimo aggiornamento: 10:39
Mentre il tribunale mette la parola fine al tormentato divorzio tra suo padre Johnny Depp e Amber Heard (vedi sotto), Lily-Rose Depp continua a costruire la propria carriera con concentrazione, determinazione e consapevolezza. Diciassette anni, corpo lunghissimo e sottile da top model, intrigante sguardo un po’ malinconico e labbra carnose, la diva-bambina, figlia maggiore del Pirata dei Caraibi e di Vanessa Paradis, affronta i giornalisti nella suite di un grande albergo parigino con sicurezza e consumata professionalità.

Indossa una maglia bianca piena di fiocchetti e jeans “a pelle”, sembra molto più matura della sua età e ha la risposta giusta a tutte le domande. Mentre le coetanee vanno ancora a scuola e scoprono il mondo, Lily-Rose è già una star, calca i red carpet, viene contesa dai marchi di moda (è il volto del profumo Chanel n.5) e dai registi. Proprio come sua madre, che a 17 anni esplodeva come attrice e cantante e oggi è sulle copertine per via del nuovo amore, il regista Samuel Benchetrit. Al 19mo Rendez-vous Unifrance la piccola Depp è protagonista di due film, nelle sale italiane a primavera: Planetarium di Rebecca Zlotowski e The Dancer di Stéphanie Di Giusto. Abituata dalla culla a stare sotto i riflettori, bilingue, l’attrice vive tra Parigi e Los Angeles sognando grandi successi. E non ha intenzione di fermarsi.

Innanzitutto che effetto le fa l’interesse della stampa per le vicende private dei suoi genitori?
«Non me ne importa nulla. Non leggo quel tipo di notizie. C’è chi si sente autorizzato a scrivere qualunque sciocchezza sui personaggi pubblici, senza conoscerli ma solo perché sono famosi. L’unica difesa è infischiarsene».

Che genitori sono stati Johnny e Vanessa per lei?
«Affettuosissimi e mai severi, per questo non ho sentito il bisogno di ribellarmi. Mi hanno sempre dato fiducia».

Si consiglia con loro prima di scegliere un film?
«Non parliamo di lavoro continuamente. Mi hanno insegnato a fidarmi del mio istinto e oggi sono una persona indipendente».

Con quale criterio sceglie i film?
«Devo credere nella sceneggiatura, nel regista e nel progetto in generale. La nazionalità, il genere e il budget non mi interessano. Cerco la varietà».

In The Dancer interpreta la celebre ballerina Isadora Duncan: come si è preparata?
«Ho preso lezioni di danza e letto tutto quello che c’era da sapere, poi ho cercato di esprimere le mie emozioni più profonde. Isadora è stata un personaggio rivoluzionario, non potevo rischiare di sbagliare».

In Planetarium fa invece una medium degli anni ’30, sorella di Natalie Portman: com’è stato lavorare accanto all’attrice, come lei sul set da quando era adolescente?
«Mi sono sentita coccolata e protetta. Natalie si è comportata come una vera sorella. Già prima di conoscerla l’ammiravo, oggi l’ammiro ancora di più».

Non teme di venire scritturata per il suo cognome?
«Avverto una certa pressione, inutile negarlo. Ma spero proprio di venire scelta dai registi perché sono l’attrice giusta, non perché mi chiamo Depp. E ogni volta dò il massimo».

Come affronta la grande competitività che esiste nel cinema?
«Io, che non sono competitiva, lavoro duro. Per fare il mio mestiere e raggiungere dei risultati, devi essere determinato e lasciare dietro di te incertezze e paure».

Quando ha capito in modo chiaro che avrebbe voluto seguire le orme dei suoi genitori?
«Quando a 14 anni ho fatto una particina nel film Tusk di Kevin Smith. Ho realizzato che recitare sarebbe stato il mio lavoro».

Non pensa mai che sta perdendo una parte della giovinezza?
«Per realizzare i sogni servono i sacrifici. E tutto sommato le cose da ragazzina le ho fatte e continuo a farle: ho frequentato il liceo e vedo ancora i miei ex compagni. Ma sono felice di fare la vita che faccio e di avere amici fuori del comune».

Dove si sente a casa, a Parigi o Los Angeles?
«In entrambe le città c’è la mia famiglia e la possibilità di fare del buon cinema. Non sento la necessità di scegliere. Parlare sia l’inglese sia il francese è un vantaggio».

E quando ha scoperto il mondo della moda?
«Presto. L’ho sempre considerata una forma d’arte, un mezzo di espressione e oggi sono felice di lavorare con persone creative e geniali come lo stilista Karl Lagerfeld».

Entrambi i film che ha appena girato sono diretti da una donna: le registe sono più sensibili?
«Ogni regista porta la sua sensibilità sul set, a prescindere dal sesso. Enfatizzare la presenza femminile nel cinema rischia di farla apparire eccezionale, invece dovrebbe essere normale».

A proposito di social, lei è molto attiva su Instagram.
«Ma lo uso solo per lavoro. La mia vita privata la lascio fuori dallo smartphone. La realtà è molto meglio del web»
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