Libia, il premier Renzi: serve prudenza irreali gli scenari di guerra

Libia, il premier Renzi: serve prudenza irreali gli scenari di guerra
di Alberto Gentili
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Domenica 6 Marzo 2016, 00:23 - Ultimo aggiornamento: 11:58

ROMA «I media si affannano a immaginare scenari di guerra italiana in Libia che non corrispondono alla realtà. Questo non è il tempo delle forzature, ma della prudenza, dell’equilibrio e del buon senso». Matteo Renzi rompe il silenzio e ufficialmente frena sull’intervento militare contro le milizie dell’Isis. 

IL MANTRA RENZIANO
Il mantra del premier, ripetuto più volte nella sua enews settimanale, è appunto «prudenza, equilibrio, buon senso»: «Sono queste le nostre parole d’ordine, ben diverse da chi immagina di intervenire in modo superficiale e poco assennato».
A irritare Renzi sono le rivelazioni dei giornali che, riferendo del decreto varato il 10 febbraio con il quale sono state autorizzate le missioni d’intelligence dei nostri 007 e l’invio di truppe speciali sotto il comando dei Servizi, hanno cominciato a raccontare il dislocamento degli agenti a Tripoli e l’eventuale impiego di reparti d’élite. In più, a far precipitare l’umore del premier, c’è il pressing asfissiante degli Stati Uniti e il comportamento non esattamente limpido della Francia. 
 
PRESSING USA SGRADITO
Washington da mesi, dopo aver dato pieno sostegno a un ruolo guida dell’Italia nella missione di pace, non fa altro che spingere per un nostro massiccio coinvolgimento in Libia: è di venerdì l’intervista all’ambasciatore americano a Roma Philips nella quale veniva quantificato in cinquemila soldati l’impegno italiano. Parigi, invece, da gennaio sembra fare il doppio gioco. Da una parte dice di sostenere gli sforzi dell’inviato speciale dell’Onu Martin Kobler affinché a Tripoli si insedi il governo di accordo nazionale guidato da Fayez al Sarraj. Quel governo da cui, secondo la road map fissata da Renzi, dovrebbe partire la richiesta all’Onu per l’invio della missione di pace guidata da Roma. Dall’altra, invece, i francesi sostengono (anche militarmente e con raid aerei insieme all’Egitto) il principale sabotatore dell’ipotetico governo di accordo nazionale: il generale filo-egiziano Khalifa Haftar». Ed è di venerdì un ruvido colloquio telefonico tra Renzi e il presidente francese François Hollande che, nella stessa serata, ha portato l’Eliseo a mettere nero su bianco il «pieno sostegno agli sforzi di Kobler per far nascere il governo di unità nazionale».
Non è così un caso che Renzi, nella sua enews, parli proprio delle tribolazioni dell’inviato dell’Onu: «[/CITTA]La situazione in Libia è sempre molto delicata. Il lavoro delle Nazioni Unite per raggiungere un accordo solido e stabile sul governo è ancora in pieno svolgimento». E qui il premier torna a illustrare la road map per l’eventuale invio in territorio libico dei battaglioni Tuscania, Folgore, Col Moschin: «Abbiamo bisogno di una soluzione equilibrata e duratura. Solo a quel punto potremo valutare – sulla base della richiesta di un governo legittimato – un impegno italiano, che comunque avrebbe necessità di tutti i passaggi parlamentari e istituzionali necessari».
Come dire: voglio il “sì” del Parlamento, non prendo di certo solo sulle spalle una così grave responsabilità: «Quando ci sono vicende del genere mi piace pensare che l’Italia risponda tutta insieme, senza volgari strumentalizzazioni di parte, ma con la consapevolezza di essere prima di tutto una comunità. Le singole divisioni partitiche vengono dopo», scrive Renzi.

LA LINEA DI MATTARELLA
Sulla stessa linea è il presidente della Repubblica. Sergio Mattarella, sia a Barack Obama in occasione della visita a Washington, sia durante l’ultima riunione del consiglio supremo di difesa, ha detto che le nostre truppe partiranno alla volta della Libia «solo ed esclusivamente quando si sarà realizzata la necessaria cornice internazionale e sarà arrivato l’invito del legittimo governo libico». Il timore di Renzi e Mattarella: essere accolti in Libia, considerati anche i trascorsi coloniali, come invasori e non come portatori di pace.
«Dunque questo non è il tempo delle forzature, ma della prudenza, dell’equilibrio e del buonsenso. A maggior ragione», conclude Renzi, «dopo ciò che è accaduto a Sabrata, dove due nostri connazionali in ostaggio di milizie irregolari ormai da mesi hanno perso la vita in circostanze tragiche, ancora da chiarire completamente. Ma anche questa tragica vicenda, per la quale ci stringiamo insieme a tutti gli italiani alle famiglie delle vittime, dimostra una volta di più che la guerra è una parola drammaticamente seria per essere evocata con la facilità con cui viene utilizzata in queste ore da alcune forze politiche e da alcuni commentatori».
 
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