L’Italia respira, spunta più flessibilità sul 2018

L’Italia respira, spunta più flessibilità sul 2018
di Luca Cifoni
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Martedì 23 Maggio 2017, 01:05
Il linguaggio è quello consueto dei documenti della commissione dedicati alla valutazione dei conti pubblici. Ma il significato politico per il governo italiano che dovrà impostare la legge di bilancio 2018 è abbastanza chiaro: l’Europa è disposta a concedere margini di flessibilità abbastanza ampi, tali per lo meno da non trasformare l’autunno che verrà e che precede la tornata elettorale (se non coinciderà addirittura con essa) in una stagione di sacrifici socialmente indigeribili. I dettagli esatti, e dunque le cifre che il ministero dell’Economia dovrà tenere presente al momento di impostare il quadro programmatico di finanza pubblica, saranno oggetto di ulteriori trattative; lo «sforzo sostanziale di bilancio» che viene richiesto nelle raccomandazioni al nostro Paese dovrebbe risultare comunque qualcosa di non banale ma sicuramente abbordabile.
IL PARAMETRO
Per capire di cosa si parla, è necessario ricordare che il parametro su cui si basano le richieste di Bruxelles è il cosiddetto “aggiustamento strutturale” di bilancio da un anno all’altro, in questo caso dal 2017 al 2018 (l’anno in corso è stato sostanzialmente archiviato grazie alla manovrina). “Strutturale” vuol dire che si tiene conto dell’andamento del ciclo economico. Qui verrebbe la prima difficoltà, perché in base ai calcoli della commissione l’Italia si trova proprio dal 2018 in “tempi normali” ovvero è ormai al di fuori degli effetti della recessione. Valutazione che il ministero dell’Economia contesta sulla base di un diverso computo dell’output gap, la differenza tra crescita potenziale ed effettiva. In ogni caso in questa situazione e con un rapporto debito/Pil ben al di sopra del 60 per cento il nostro Paese dovrebbe realizzare un aggiustamento strutturale pari ad almeno lo 0,6 per cento di Pil, qualcosa come dieci miliardi di euro.
Al momento di progettare la legge di bilancio e quindi la relativa manovra economica il governo ragiona però in un modo diverso, partendo dal deficit tendenziale e cercando di piegarlo verso un obiettivo programmatico. Nel Documento di economia e finanza questo obiettivo risulta già raggiunto con il disavanzo all’1,2 per cento del Pil, ottenuto grazie agli aumenti di Iva e accise già scritti come clausole di salvaguardia ma che il governo intende annullare sostituendoli con altre misure: in tutto 19,5 miliardi di cui 3,8 sono già stati cancellati con la manovrina, dunque un po’ meno di 16. La Ue non ne tiene conto nelle proprie previsioni perché prende sul serio l’impegno a rimuovere le clausole e questo spiega la differenza nelle previsioni. Ma aggiunge la propria disponibilità nell’ambito delle regole a «tener conto della situazione ciclica».
LA REVISIONE
In conclusione, ricordando ancheche si va verso una revisione della “matrice” che fissa i percorsi di risanamento per i vari Paesi, lo sforzo strutturale richiesto all’Italia potrà essere anche significativamente al di sotto dei 10 miliardi. Questo vuol dire che il nostro Paese, una volta sostanzialmente rispettato l’impegno a sostituire le clausole di salvaguardia, avrà spazio di bilancio per ulteriori misure pro-crescita come ad esempio la riduzione del cuneo fiscale. Non a caso ieri il Mef valorizzava la richiesta europea di «un’intonazione di bilancio che deve contribuire sia a rafforzare la ripresa in corso sia ad assicurare la stabilità delle finanze pubbliche». Nel comunicato si faceva notare come sia la prima volta che le autorità europea mettono insieme i due obiettivo, risanamento e crescita. E questa in fondo è una vittoria dell’impostazione portata avanti dal 2014 in poi da Pier Carlo Padoan.
 
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