Jeremy Irons, l’attore premio Oscar e il film che riunisce l’uomo pipistrello a Superman:
«Così proteggo Batman»

Jeremy Irons, l’attore premio Oscar e il film che riunisce l’uomo pipistrello a Superman: «Così proteggo Batman»
di Gloria Satta
4 Minuti di Lettura
- Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 21:23
La bellissima voce teatrale, l’aspetto carismatico, l’eleganza innata: Jeremy Irons, 67 anni e una carriera prestigiosa coronata dall’Oscar (vinto nel 1990 per Il mistero Von Bulow), irrompe nel mondo dei supereroi. L’abbiamo appena visto nei panni dell’astrofisico protagonista del film di Tornatore La corrispondenza, ora l’attore britannico interpreta Alfred, il maggiordomo di Bruce Wayne nell’atteso kolossal Batman v Superman: Dawn of Justice, diretto da Zack Snyder (nelle sale il 23 marzo con Warner Bros). Ben Affleck fa Wayne-Batman e Henry Cavill è Superman-Clark Kent: i due supereroi si dichiarano guerra finché emerge una nuova minaccia che mette a repentaglio il genere umano. Completano il cast Amy Adams, Diane Lane, Laurence Fishburne, Gal Gadot, Jesse Eisenberg. Irons racconta il suo ruolo, in passato interpretato da Michael Caine e Michael Gough, e le sue scelte.

Quando le è stato offerto il ruolo di Alfred, come ha pensato di affrontarlo?
«Ho dimenticato le interpretazioni precedenti del personaggio e mi sono preoccupato di crearne uno tutto nuovo. Volevo incarnare la visione del regista e mi sono avvicinato ad Alfred con uno spirito totalmente fresco, come avrei fatto con un testo di Shakespeare: sai che tanti altri prima di te lo hanno interpretato e perciò ti sforzi di fare qualcosa di inedito».

Come ha lavorato, in pratica?
«Ho ascoltato Snyder, ho parlato con lo sceneggiatore Chris Terrio e poi, in maniera piuttosto intuitiva, ho dato vita al mio Alfred: è un tipo molto pratico, dotato di numerosi talenti e ha i piedi per terra».
 
Cosa intende?
«Alfred è consapevole del grande potere di Bruce Wayne e reagisce a questo stesso potere e alla tecnologia cercando di circondarsi di cose normali. Coltiva legumi, vive in una roulotte ai margini della proprietà di Wayne. Insomma, fa di tutto per immergersi nella normalità che considera un antidoto alla sua vita professionale. Non mi è stato difficile: sono una persona pratica anch’io».

E il suo Alfred che tipo di rapporto ha con Bruce Wayne?
«Lo protegge, ha con lui lo stesso rapporto di un padre con un figlio: gli dice cosa pensa delle sue azioni, ma nello stesso tempo sa che è ormai un adulto e fa di testa sua. Ora che Bruce è cresciuto la loro relazione è diventata più complessa. Alfred veglia su di lui, cerca di tenerlo al sicuro. E’ il suo maggiordomo, il suo meccanico, il suo mentore, il suo segretario... la classica figura che sogni di avere accanto quando sei nei guai».

All’inizio, appena scritturato, Ben Affleck nel ruolo di Bruce-Batman è stato contestato dai fan del supereroe. Secondo lei, che qualità ha regalato al suo personaggio?
«Ben è una grande presenza. Ha un forte peso come attore e una notevole profondità. Puoi vedere chiaramente la vulnerabilità e le nevrosi del suo personaggio. Bruce si preoccupa di come proteggere il mondo da solo e discute con Alfred se questo atteggiamento sia morale, o se piuttosto dovrebbe lasciare agli altri il ruolo di giustiziere». 

Il suo Alfred ha un passato nell’esercito: lei ha avuto un’esperienza militare?
«Da giovane ho fatto qualche addestramento e conosco un po’ di meccanica, ma non ho alcuna dimestichezza con i computer: nelle scene in cui lavoro alla Batmobile infatti ho dovuto fingere. Né intendo imparare: ho imparato già tanto, nella vita, e spero di essere sempre circondato da persone che gestiscano le diavolerie elettroniche al posto mio».

Perché continua a passare dal cinema d'autore alle grandi produzioni hollywoodiane?
«Che vuole che le dica, amo tenere il piede in due staffe. E' come se il mio lavoro fosse contenuto in scatole separate: da una parte i film d'arte, dall'altra il business. Mi è piaciuto tanto lavorare con Tornatore ma è anche bellissimo venire acclamato perché ho fatto il cattivo in Die Hard. Amo raggiungere il grande pubblico».

Dica la verità: ha fatto un giro con la Batmobile?
«Certo! Ho guidato all’interno di un grande teatro di posa vuoto, preoccupatissimo di non danneggiare l’auto. E mi sono divertito da matti».

Lei è impegnato nella difesa dell’ambiente. Che senso ha oggi parlare di supereroi?
«Veniamo messi al corrente in tempo reale, dalla tv e da internet, delle atrocità che avvengono nel mondo e sentiamo di non avere alcun potere per fermarle. Questo fatto ci pesa. Invece andare al cinema e immaginare di essere Batman o Superman, e come loro riuscire a cambiare le cose imponendo la giustizia, ci tira un po’ su. Per un momento ci fa credere che abbiamo il potere anche noi».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA