Stephan, il miliziano che ha fatto la guerra contro Igor: «Vi racconto chi è»

Stephan, il miliziano che ha fatto la guerra contro Igor: «Vi racconto chi è»
di Maurizio Capozzo
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Giovedì 13 Aprile 2017, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 14 Aprile, 13:00

NAPOLI - Stephan è un nome di fantasia. Proprio come Igor, uno dei tanti alias coi quali è andato in giro il killer che si è lasciato alle spalle due morti ammazzati tra le campagne di Bologna e Ferrara. E come Igor è uno abituato ad uccidere, senza scrupoli, un militare super addestrato con una capacità straordinaria di sparire senza lasciare tracce.
 

 

Stephan, classe ‘79, nato in un piccolo villaggio della ex Unione Sovietica, è fuggito dalla Serbia dove combatteva nelle milizie ucraine. Forze speciali incaricate di intercettare i miliziani come Igor, isolarli e lasciarli in pasto all’esercito regolare. Del suo gruppo di fuoco, che alla fine degli anni 90 combatteva sulle montagne della ex Jugoslavia, facevano parte 240 soldati. «Siamo sopravvissuti in quattro – racconta mentre mostra le foto sbiadite di quei giorni – il resto tutti sterminati da quelli come Igor». Per questo ha un conto in sospeso con lui. «So chi è, so da dove viene, so come si muove, come è addestrato – racconta con la rabbia negli occhi – e voglio collaborare con le forze dell’ordine ma se lo trovo prima io, preferisco ammazzarlo con le mie mani, prima che uccida ancora. So anche che alcuni riferibili al suo gruppo sono in Toscana».
Mostra i tatuaggi che gli hanno segnato la pelle nei lunghi anni della guerra, Stephan. E tra questi uno minuscolo, quasi invisibile, all’interno del mignolo della mano sinistra.

TATUAGGIO SEGRETO
«È un segno distintivo del mio gruppo di miliziani – spiega – e anche Igor ne deve avere uno, basta trovarlo per capire chi possono essere i suoi amici qui in Italia». Perché di amici in Italia ne ha ed è facile che qualcuno di questi, magari finito anche in carcere con lui, gli abbia dato copertura. «Sono sicuro che abbia rapporti con albanesi che vivono in Italia – racconta ancora Stephan – perché il suo gruppo aveva stretti legami con questi». «Igor si nasconde nelle campagne – prosegue l’ucraino - conosce tecniche di sopravvivenza, riesce a sparire in un canale e a mimetizzarsi in un bosco con grande facilità».

Il soldato Stephan non sa dove possa essere in questo momento uno degli uomini più ricercati d’Italia, ma sicuramente sa come cercarlo. Su una cartina geografica mostra l’area della ex Jugoslavia nella quale il suo gruppo si muoveva e spiega: «Parliamo di un assassino senza scrupoli, per lui uccidere è un piacere, sfuggire alle ricerche è una sfida. Più si sente braccato più gli sale l’adrenalina e vedrete, se conosco bene le sue abitudini, potrebbe uccidere ancora. Non per rubare, solo per il gusto di tagliare la gola a qualcuno. Non ha paura di lasciare testimoni, come ha fatto, fa parte della sfida. Lui cerca la gloria, finita una guerra ne cerca un’altra». Poi Stephan estrae dalla tasca una roncola, custodita in un vecchio astuccio di cuoio e dice: «Questa è la sua arma, porta un anello vicino alla lama per facilitarne la presa, solitamente quelli del suo gruppo ne portavano più di una indosso. Mi sembra di vederlo, estrarre la lama dal fodero vicino la caviglia e tagliare la gola, con un movimento fulmineo, dall’orecchio sinistro a quello destro».

Stephan vuole collaborare con le forze dell’ordine nelle ricerche. Non sa che i reparti speciali dei carabinieri stanno stringendo il cerchio intorno all’assassino. Quando proviamo a spiegarglielo scuote la testa: «Non è facile, se vogliono prenderlo devono ragionare con la sua testa, è uno abituato a stare giorni senza mangiare, a trasformarsi, a sparire per poi tornare sulla scena e colpire ancora. Portatemi dove lo stanno cercando e ve lo trovo io».
Stephan ha smesso la divisa da anni. In Italia ci è venuto per dimenticare. Nel suo paese studiava per diventare insegnante di musica. La madre lavorava all’ufficio reclutamento dell’esercito e questo gli aveva facilitato l’arruolamento. Una lite con un ufficiale gli era costata la spedizione in un reparto punitivo e di qui la trasferta in Serbia. Poi, come tanti, la speranza di rifarsi una vita in Italia. Per un periodo ha vissuto a Pozzuoli e qui venne arrestato perché sospettato di aver aggredito una donna per violentarla ma le indagini rivelarono che, invece, aveva difeso quella donna dal tentativo di aggressione. Ora vive alle pendici del Vesuvio. Ha una compagna e si guadagna da vivere lavorando nei campi per pochi euro al giorno. «Ma mi basta – spiega – va bene così. Voglio solo stare tranquillo, aiutare la mia compagna a curarsi perché soffre di artrite».

Anche Stephan è segnato nel corpo e nella mente. Mostra le cicatrice di una granata esplosa fortunatamente lontano da lui ma confessa che dorme poco, gli incubi ritornano. E ora, dopo aver sentito alla televisione la storia del fantomatico Igor, gli spettri del passato ritornano: «Credevo che la guerra fosse finita – dice ancora – ma finché questo bastardo sarà ancora in giro non mi darò pace. Avrei preferito non sapere nulla di questa storia. Ma ora che le cose stanno così bisogna prenderlo, a tutti i costi». Il soldato Stephan ieri ha parlato con gli inquirenti. Ha offerto tutta la sua collaborazione e le sue dichiarazioni sono ora al vaglio dei pm che indagano sugli omicidi. Spera di poter essere d’aiuto. Ma fin quando Igor non sarà stanato non si darà pace.

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