Di Battista agita M5S: «Dem ipocriti e pericolosi». Conte: «Io del Pd mi fido»

Conte, duello con Di Battista sul Pd Grandi manovre nei gruppi al Senato
di Marco Conti
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Venerdì 20 Settembre 2019, 01:02 - Ultimo aggiornamento: 12:23

Le parole di Di Battista? «Io mi fido del Pd perché è una forza che responsabilmente ha deciso di sostenere questa esperienza del governo». Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dal palco della festa di Articolo1 così risponde ad una domanda di Enrico Mentana che gli ripropone le affermazioni che in mattinata Alessandro di Battista aveva affidato ai social. «Il governo c’è e ai miei ex-colleghi, ai quali voglio bene anche quando non sono d’accordo con loro dico: non vi fidate! Non vi fidate del Pd derenzizzato, ripeto, Renzi ci ha lasciato dentro decine di “pali”». 

Conte a Di Battista: «Mi fido del Pd, governo sostenibile. Salvini? Gli chiedevo cortesie»

LA SFIDA
L’elenco dell’ex parlamentare grillino è lungo e contempla anche «Franceschini, Lagarde e l’Europa». Conte va però per la sua strada. Alla festa di Leu incontra e stringe la mano all’ex premier Massimo D’Alema che i renziani danno rientrante nel Pd. L’interessato smentisce, ma poi non si trattiene e quando gli si chiede di Renzi lo liquida con un lapidario tono da preveggente: «E’ finito».
 



Molto più soft è il presidente del Consiglio che, sempre parlando delle scelte di Renzi, si dice «sorpreso» dalla tempistica anche se le fibrillazioni più forti arrivano dal M5S con Di Battista che prova a scuotere l’albero al punto che il capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci, invita Conte e Di Maio a tenere a bada «la furia dell’ala radicale del M5S». In serata, sempre dalla festa di Articolo1, è il ministro grillino Vincenzo Spadafora, a gettare acqua sul fuoco sostenendo che «nel M5S ci sono sempre state opinioni diverse anche quando eravamo con la Lega e sono legittime ma ora c’è un governo e abbiamo tutti il dovere di remare dalla stessa parte».

Non ha dubbi invece Conte quando alla festa di Articolo1 parla del rapporto con la Lega di Matteo Salvini: «Il mio “no” alla Lega detto a Biarritz era all’infinito», sostiene senza mezzi termini. «Vorrei ricordare - aggiunge - che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto: “assolutamente no” perché per me quell’esperienza politica per me era chiusa». Il premier dice anche di non aver più sentito Salvini anche perché «l’opposizione» non ha la necessità di restare «in contatto» con il presidente del Consiglio. 

Poi il discorso di Conte, che per la prima volta partecipa ad una festa di partito, si sposta sull’Europa e sui migranti. «Sono sempre stato convinto della nostra collocazione» internazionale, spiega. «Siamo in un sistema integrato» ma «ho sempre ragionato su un europeismo non fideistico» perché «questo atteggiamento acritico fa male a Europa». Conte ammette anche che in Europa «prima (con Salvini al governo ndr) chiedevo cortesie personali mentre l’Italia chiedeva solo per sé. Oggi si mette tutto in discussione secondo l’approccio Ue. C’è un approccio sistemico, più coerente». 

LA DISCONTINUITÀ
Sul tema immigrazione Conte dice che «dobbiamo controllare i nostri confini, non dobbiamo permettere che si alimenti il traffico di vite umane, dobbiamo incrementare la cooperazione in Africa», ma le Ong «non sono nemici del popolo».

Accolto dagli applausi del partito più a sinistra della sua coalizione, Conte non si risparmia il tour tra gli stand e le salsicce. Anche perché, pur non essendo stato «mai un militante» «la mia formazione è di sinistra» ed è quella di un «cattolicesimo democratico».

Sarà forse per questo che poi afferma che «la politica deve avere visione, non deve fermarsi a decine di reazioni». Poi parla anche del governo che «sarà privo di personalismi, io lo pretenderò. Se si riesce a conservare questo spirito di squadra potremo fare belle cose per i cittadini». Conte non rinnega le riforme giallo-verdi, innanzitutto il reddito di cittadinanza («non distoglieremo l’attenzione) e quota 100, anche se «non c’è stato il riscontro» previsto. Alla fine gli appalusi e i selfie non mancano e Conte esce dalla kermesse a testa alta e, fedele alla promessa di volerci mettere la faccia su questo governo, si prepara sabato ad andare alla festa di Atreju di Giorgia Meloni e domenica a Lecce alla festa della Cgil. La sfida di Conte a Renzi parte in sordina, ma l’obiettivo è chiaro.

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