Sottosegretario Geraci: «Pronti a dazi selettivi della durata di 5 anni»

Sottosegretario Geraci: «Pronti a dazi selettivi della durata di 5 anni»
di Stefania Piras
4 Minuti di Lettura
Lunedì 27 Agosto 2018, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 28 Agosto, 17:06
«Dobbiamo rimanere centrali nel Mediterraneo e diventare il terminale della nuova via della seta. Per questo infrastrutture come Tav, Tap e Terzo Valico vanno viste in un’ottica di sistema», dice il sottosegretario allo sviluppo economico Michele Geraci che ha la delega all’internazionalizzazione e sta per andare a Pechino e Shangai. 
Sottosegretario, i cinesi sono spaventati da questa ondata di nazionalizzazioni annunciata dal governo italiano? 
«No, non diventeremo statalisti. Sono solo annunci e non parliamo di nazionalizzazioni, si parla in un caso solo, Autostrade, di aumentare un pochino la presenza dello Stato nei controlli legati alla sicurezza che il privato sembra non abbia garantito. Ma non dimentichiamo che il sistema misto di economia di stato ed economia di mercato coniugate insieme sono state la chiave di volta del successo della Cina». 

Ma con il ritorno allo stato delle concessioni non si respingono gli investimenti? 
«Ci concentreremo sulle Ppp, le public private partnership, la condivisione dei monopoli naturali. Ci vuole chiarezza, è questo il criterio fondamentale. Gli stranieri e quindi anche i cinesi vogliono sapere con chiarezza dove poter investire i propri capital». 

Gli altri settori rimarranno aperti alla partecipazione privata? 
«Certo, tecnologia, centri di ricerca. La Cina cerca un terminale per la via della seta marittima. Per questo diventano importante i porti italiani. I cinesi sono già presenti in Grecia nel Pireo, noi dobbiamo far sì che l’Italia diventi il fulcro di un nuovo sistema di trasporti con l’Oriente. Sottolineo: saranno partecipazioni, non acquisizioni, aumento della capacità». 

Perché la vostra task force è diversa da quelle del passato?
«Perché in passato non c’è mai stata una task force prima. I precedenti governi avevano forse posizioni ideologiche sulla Cina e non si è fatto molto per analizzarne, in modo obbiettivo, lo sviluppo sociale ed economico. Vogliamo che l’Italia colga l’opportunità di assumere la leadership europea in Cina. Faccio un invito particolare alle pmi, vogliamo passare dal B2B, business to business, al GtoG governement to government». 

Dove possono investire i cinesi? 
«Infrastrutture, know how tecnologico, agroalimentare, gestione delle smart cities. Ma soprattutto infrastrutture e trasporti: ruota, aria e ferro. La Cina arriverà a 40 mila km di linee ferroviarie. Noi siamo fermi ad alcune migliaia. Abbiamo bisogno di nuove reti viarie. Ho accumulato più ritardi sui treni in due mesi qui in Italia che in dieci anni in Cina». 

L’alta velocità, la Torino- Lione ha un senso in questo disegno? 
«Stiamo lavorando per rispondere a questa domanda, e la domanda non è Tav sì o no ma ammodernamento della rete locale che ruota attorno ai grandi snodi dell’alta velocità che non deve rimanere così, appesa nel vuoto, ma collegata a un sistema capillare. Se il treno locale arriva in ritardo, perdo il treno veloce. L’analisi costi benefici prevede anche queste considerazioni». 

E il gasdotto Tap? 
«Stiamo studiando se la capacità di importazione di gas è significativa. Ma in realtà il Tap è una scelta strategica: l’Azerbaigian è un paese con cui abbiamo un deficit commerciale molto alto. Anche qui dobbiamo trovare compensazioni. I paesi coinvolti, due terzi degli investimenti li hanno già spesi, ma soprattutto lì ci sono aziende italiane che hanno stabilimenti chimici e milioni di investimenti che creano indotto. L’economia azera si sta trasformando in un’ economia manifatturiera. Noi siamo loro partner principale». 

Di Maio ieri ha annunciato che il Ceta verrà bocciato. È d’accordo? 
«Abbiamo un’altra task force sull’analisi degli accordi di libero scambio». 

Dazi, che ne pensa? 
«Non sono un protezionista ma tutti hanno dazi. Il liberalismo al 100% non esiste. Stiamo studiando anche noi dazi per proteggere il nostro sistema produttivo. Sono misure tattiche, selettive e temporanee che durano 5 anni. Servono per far riabituare la popolazione alla globalizzazione, non per promuover l’autarchia». 

La globalizzazione è e continuerà a essere una realtà?
«Certo. Negli anni 90 erano tutti pro globalizzazione, forse a ragione e molti paesi in via di sviluppo, Cina compresa, ma anche l’Occidente, ne hanno tratto vantaggi che ora sono diminuiti. La legge dei diminishing returns vale anche per questo». 
© RIPRODUZIONE RISERVATA