IL REDDITO
Per la procura, la società con sede in Italia sarebbe stata fatta figurare per anni semplicemente come tramite con l’Inghilterra dove, ha spiegato l’azienda, sono regolarmente state pagate le tasse, visto che lì si sarebbe prodotto il reddito effettivo e dichiarato, dal momento che appalti e contratti sarebbero stati gestiti direttamente dalla società con base nel Regno Unito. In realtà, per gli inquirenti, Kaspersky Lab avrebbe fatturato con il mercato italiano, in media, la bellezza di 15 milioni di euro annui e pagando le imposte all’estero avrebbe risparmiato una montagna di denaro. Soldi che l’Agenzia delle Entrate ha chiesto indietro e che ora l’azienda si sta impegnando a restituire, almeno in parte. Nel frattempo, però, nonostante l’accordo con il Fisco, l’inchiesta penale prosegue. Per il pm Musolino, infatti, la società avrebbe dovuto pagare il 27 per cento dei 90 milioni fatturati. Nel mirino della procura e dei finanzieri del Nucleo di polizia tributaria, gli anni d’imposta che vanno dal 2010 al 2015.
SECONDA INDAGINE
Non è la prima volta che la Kaspersky finisce nel mirino della procura romana. Pochi mesi fa, la pm Laura Condemi ha chiuso un’inchiesta per appropriazione indebita. Due milioni e settecentomila euro sarebbero stati sottratti alla Lab dal suo ex direttore finanziario, Fabio Cesarini, con la complicità dell’amministratore unico Alexandre Moiseev, della contabile Anna Maria Asquini e dell’impiegata Alessandra Ruscitti. L’accusa nei loro confronti è di aver utilizzato l’azienda quasi come bancomat personale. Per gli inquirenti, gli indagati avrebbero effettuato «numerose operazioni finanziarie abusive, non autorizzate e non giustificate da esigenze aziendali», si legge nell’avviso di conclusione delle indagini. In alcuni casi, sarebbero addirittura stati duplicati i bonifici in favore dei fornitori. Il tutto per creare fondi neri da sottrarre e da depositare su conti correnti personali.
CARTA AZIENDALE
La procura contesta a Cesarini anche un uso eccessivo e non giustificato della carta di credito aziendale, sfruttata per pagare canoni Rai, vacanze, cene al ristorante e gioielli di lusso. Le indagini erano partite dalla stessa Kaspersky che aveva scoperto il buco nei conti. Mentre la pm Condemi sta finendo gli ultimi interrogatori, prima di decidere se procedere con una richiesta di rinvio a giudizio, prosegue il filone relativo all’evasione fiscale, che travolge per la seconda volta uno dei più importanti fornitori di software contro le incursioni di hacker e che vanta tra i suoi clienti anche la pubblica amministrazione. In questo caso, le anomalie sono emerse da una verifica di tipo amministrativo svolta dalla Finanza. E ora, mentre l’azienda rischia di dover restituire tasse arretrate, uno dei suoi ex manager è finito nel mirino della procura.
© RIPRODUZIONE RISERVATA