Enrico Brignano festeggia i 30 anni di carriera: «Un palco di gioia e felicità

Enrico Brignano festeggia i 30 anni di carriera: «Un palco di gioia e felicità
di Gloria Satta
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Martedì 28 Giugno 2016, 00:23 - Ultimo aggiornamento: 4 Luglio, 14:18
Enrico Brignano tornerà in scena, il 1° luglio a Fregene, con lo spettacolo Evolushow 2.0, primo incasso teatrale dell’anno. Unica data dell’estate, si riprenderà la prossima stagione con un altro titolo e nuove idee. Intanto l’attore romano prepara il musical ispirato al film-cult di Steno “Febbre da cavallo” con un gruppo di giovani (debutto a marzo 2017). E al cinema probabilmente sarà il protagonista di una commedia di Natale. Intanto fa il bilancio dei 50 anni appena compiuti e dei 30 di carriera con un proposito: avere presto un figlio dalla compagna, l’attrice e showgirl Flora Canto, 33.

Com’è cambiato, rispetto all’anno scorso, il suo show? 
«Si è aggiornato, abbiamo mantenuto solo l’impianto scenico. Gli spettatori mi amano e mi seguono, lo spettacolo ha incassato come un film di successo. Ho una responsabilità, non voglio tradire le aspettative». 

Quindi? 
«Ho modellato lo show sulla nostra vita scandita da smartphone, notifiche, sms, chat. E l’ho condito con poesie, canzoni, balletti. I miei primi spettacoli erano viaggi nella borgata delle mie origini, oggi ho allargato il tiro e mi domando: dove stiamo andando?». 

Cosa le dà ancora la voglia di andare in scena?
«Il pubblico stesso, che mi ha regalato 30 anni di carriera. E pensare che 30 anni non si danno più a nessuno, con le attenuanti generiche te la cavi sempre...Ho capito che il palco è il posto ideale dove vivere e soffrire».

Ma gli stimoli dove nascono?
«Dalla mia condizione di privilegiato: faccio il mestiere che amo». 

Si sente cambiato ora che ha girato la famosa boa dei 50?
«Certo. L’età ti aiuta a navigare e a individuare il primo porto dove riparare in caso di burrasca».

Si dice che i padri maturi siano i più consapevoli: lei immagina come sarà? 
«Vorrei essere il migliore dei padri, consapevole che allevare un figlio è un mestiere difficilissimo, specie oggi che regna l’incomunicabilità tra le generazioni».

Cosa ha imparato da suo padre, scomparso nel 2011 mentre lei era sul palco? 
«L’attaccamento alla famiglia e il valore della giustizia. Papà non aveva studiato ma mi ha insegnato a distinguere il bene dal male. Parlavamo tanto, oggi invece i ragazzi restano chiusi nel loro mondo virtuale».

Lei è un tipo tecnologico?
«Qb, quanto o basta. Non amo facebook, non credo in Instagram e sopporto a malapena chi al contatto diretto preferisce le immagini. Quando i fan si affannano a riprendermi con i cellulari io dico: ma non sono meglio dal vero, in 3D?». 

E’ cambiato il suo rapporto con il successo? 
«Ho imparato a considerarlo con una certa diffidenza. E’ una brutta bestia. Quante vittime ha fatto lo star system americano!».

Lei non fa satira politica. Come mai? 
«Un comico rischia di finire cannibalizzato dalla politica. Di certi abusi non si può ridere: deve occuparsene la magistratura. Può mai essere più affidabile il Gabibbo di un tribunale? Meglio aggredire il sistema con l’ironia». 

Come giudica la nuova amministrazione romana?
«Spero nell’integrità del sindaco Raggi. Ma perché le cose cambino davvero, bisognerebbe cambiare i romani».

Cosa intende? 
«Dobbiamo imparare a rispettare le regole e ad essere meno individualisti, sennò la corruzione ha il sopravvento. Purtroppo la mamma dei furbetti è sempre incinta». 
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