Elezioni, l’astensionismo al Sud decisivo per il risultato

Elezioni, l’astensionismo al Sud decisivo per il risultato
di Diodato Pirone
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Domenica 4 Marzo 2018, 00:16 - Ultimo aggiornamento: 14:01

ROMA Occhio all’affluenza. Oggi gli addetti ai lavori monitoreranno con grandissima attenzione la quantità dei votanti ai seggi. Perché? Essenzialmente perché - a detta dei sondaggisti - in Italia circolano ancora milioni di indecisi che culturalmente “appartengono”, in maggioranza, al centro-sinistra e i pentastellati. I primi sono concentrati nella parte centrale del Paese e nelle Marche, i secondi soprattutto al Sud e spesso sono elettori che abitualmente non vanno a votare. Per quanto possa sembrare assurdo (e questo elemento fa capire quanto sia difficile fare previsioni in Italia) parte di questi elettori, e stiamo parlando almeno di un milione di persone, decideranno solo stamani prima se recarsi alle urne o meno e poi per chi votare.

Per farla breve la chiave di lettura dell’affluenza sarà la seguente: in un quadro di diminuzione complessiva dei votanti (alcuni sondaggisti ipotizzano cautamente un -3% rispetto al 75,2% del 2013), se l’affluenza al Sud dovesse “reggere” è ipotizzabile un buon andamento dei pentastellati; analogamente se nelle Regioni “rosse” il numero dei votanti non crollerà anche il Pd, o in generale la coalizione di centro-sinistra, potrebbe ricavarne più di qualche beneficio.

LA POSTA IN GIOCO
Attenzione, però: la posta in gioco non riguarda tanto le percentuali finali - ovviamente importanti perché due terzi degli eletti arriveranno dal canale proporzionale - ma soprattutto il numero dei collegi che saranno conquistati dall’uno o dall’altro schieramento.
Non è un segreto per nessuno che, in particolare nel Mezzogiorno (ma anche nelle Marche, regione un tempo “rossa” senza incertezze), ci sono parecchi collegi maggioritari in bilico. In Campania, Calabria e Puglia, in particolare, si prevede che alcuni seggi saranno assegnati per un pugno di voti. Non a caso Silvio Berlusconi ha concluso a Napoli il suo tour elettorale.

Capita l’antifona, è consigliabile non dare nulla per scontato poiché “leggere” l’affluenza richiede perizia. Se è vero infatti che agli italiani piace votare più che ad altri popoli (nel ‘48 si arrivò ad una partecipazione record del 92,2%), l’attaccamento all’urna è molto diverso Regione per Regione. Alle politiche del 2013, con un dato nazionale intorno al 75%, il Veneto raggiunse un’affluenza del 79% mentre in Sicilia non si superò il 65%. Anche nel Sud le differenze sono rilevanti fra le varie aree. Sempre nel 2013 la Basilicata sfiorò quota 70% e la Sardegna superò il 68%. 

Il Lazio, zona cuscinetto fra Nord e Sud dove i pentastellati godono di un certo radicamento l’affluenza del 2013 fu del 77% con Roma città che si collocò a quota 77,3%.
Dunque se oggi vi vorrete “divertire” a costruire castelli di previsioni elettorali sulle carte delle affluenze è consigliabile non affidarsi ai dati nazionali ma a quelli regionali o ancor meglio provinciali, più vicine ai collegi.
Per amor di precisione, va detto che probabilmente le affluenze di Camera e Senato saranno leggermente diverse. Nella fascia 18/24 anni, quella che vota solo per la Camera, i sondaggisti si aspettano un tasso di astensionismo più alto. Il risultato finale di questa Camera dipenderà anche da questo elemento.
C’è infine da tener presente una ulteriore avvertenza: gli esperti prevedono un calo dei votanti. Nulla vieta, naturalmente, che oggi siano smentiti dai fatti. Ma, obiettivamente, a favore del pessimismo sull’affluenza complessiva giocano parecchi fattori. Il primo: la campagna elettorale è stata fredda. Poi non c’è stata traccia di duelli personali. Ancora: il tono complessivo dei programmi, per la verità con qualche eccezione, è stato modesto e si sono sentite promesse fantasiose che hanno riscaldato solo nicchie della pubblica opinione. Infine, finito il finanziamento pubblico, i partiti non hanno più speso, neanche nei classici manifesti.
Un mezzo mortorio insomma e per di più di qualità intellettuale modesta a dispetto di un mondo e di una Europa che si muovono molto velocemente e che richiederebbero un’Italia all’altezza.

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