Dai visti alla carta verde, il nuovo bando di Donald

Dai visti alla carta verde, il nuovo bando di Donald
di Flavio Pompetti
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Domenica 12 Febbraio 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 00:08
NEW YORK Donald Trump riscriverà l’ordine esecutivo che sospende l’immigrazione negli Usa di persone provenienti da paesi a rischio di terrorismo. Lo ha detto lui stesso ai cronisti che lo accompagnavano in aereo verso la Florida venerdì sera, dopo l’incontro a Washington con il premier giapponese Shinzo Abe: «Alla lunga vinceremo la battaglia legale in corso» per stabilire la legalità del primo bando, quello del 27 gennaio, «ma il tema della sicurezza è urgente, e richiede azioni immediate. La sostituzione del decreto potrebbe arrivare anche all’inizio della prossima settimana». L’opposizione ha brindato alla notizia, che suggellerebbe la prima sconfitta della nuova amministrazione. La riscrittura sarebbe un’ammissione della fretta e della superficialità con la quale il governo ha formulato il primo ordine presidenziale, e dell’inettitudine con il quale è stato eseguito.

L’ITER IMPREVEDIBILE
Nella realtà l’iter giudiziario che ha accompagnato l’editto fin dal primo giorno di applicazione, sabato 28 gennaio, è ancora lungo e complesso, e potrebbe riservare sorprese di ogni tipo. La sentenza del giudice di Seattle che l’ha sospeso cozza contro la prerogativa del presidente di agire a suo giudizio di fronte ad un’emergenza in campo di immigrazione. Quella della corte d’Appello di San Francisco che ha rifiutato di ribaltare la sospensione ha già dato luogo ad un corposo dibattito tra i costituzionalisti dei due campi, e l’opinione della corte suprema in merito è tutt’altro che scontata. Quello che è certo invece è che i tempi per un verdetto definitivo saranno lunghi, tanto da non permettere che l’amministrazione Trump resti ferma ad aspettarlo.

L’idea di una riscrittura è stata suggerita da molti come lo strumento più rapido per uscire dall’imbarazzo, e per garantire da subito il raggiungimento degli obiettivi che il primo provvedimento si proponeva. La seconda versione del documento proporrà quasi sicuramente una distinzione tra chi chiede un visto da turista o di lavoro per visitare gli Usa, e chi ha già acquisito il diritto alla residenza. I primi non hanno nessun diritto garantito dalla costituzione americana, mentre i secondi, i portatori del permesso chiamato “carta verde” anche se da anni non ha più quel colore, sono protetti dalla carta costitutiva dell’Unione americana. È stata la confusione tra i due gruppi nel decreto originale a dare adito alle eccezioni giudiziarie, nonché a creare i tanti drammi per la separazione di famiglie. Resterà invece l’intento di identificare paesi a maggioranza islamica, i quali per un motivo a l’altro non sono in grado di garantire controlli attendibili su chi intende partire.

LA LINEA RESTA
I sette paesi specificati nella prima scrittura (Libia, Siria, Iraq, Somalia, Sudan, Iran, e Yemen) saranno certamente confermati. Stando ad un rapporto compilato nel 2016 da una sotto commissione senatoriale sull’immigrazione, dal 2001 in poi 72 cittadini provenienti da questi paesi sono stati condannati nei tribunali americani in cause legate al terrorismo, anche se nessuno è stato giudicato per tentata strage. Tra loro 20 venivano dalla Somalia e 19 dallo Yemen. L’incognita è se Trump accetterà di aggiungere delle disposizioni, anche se magari modificate, per altre nazioni come l’Egitto e l’Arabia Saudita, entrambe alleate degli Usa, ma anche infiltrate da terroristi che in passato sono giunti negli Usa per complottare attentati.

Qualunque sia la forma del nuovo testo, la disputa legale è destinata a risorgere nei tribunali.
Al centro della contestazione c’è l’idea che il bando abbia una matrice religiosa, vietata dalla costituzione americana. Alcuni parlamentari repubblicani insistono perché il testo sia formulato in una proposta di legge da discutere in congresso, ma questa ipotesi contraddice la volontà di Trump di agire con rapidità, senza troppe influenze né mediazioni interne. Il giovane consigliere Stephen Miller, già autore del primo decreto, è al lavoro per la seconda scrittura.
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