«Dioniso, dio senza tempo», Mario Martone firma la regia di “The Bassarids”

«Dioniso, dio senza tempo», Mario Martone firma la regia di “The Bassarids”
di Luca Della Libera
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Lunedì 23 Novembre 2015, 08:41 - Ultimo aggiornamento: 10 Dicembre, 09:14
Non c’è due senza tre. Dopo il grande successo in chiusura di stagione di lavori di Adams e Weill, l’Opera di Roma riparte di nuovo dal Novecento. Questa volta sotto il segno di Henze. Venerdì 27 novembre il sipario del Teatro Costanzi si alza sulla prima della stagione 2015/2016: The Bassarids, su testo del poeta inglese W. H. Auden e Chester Kallman. L’opera va in scena per la prima volta a Roma, a cinquanta anni esatti dalla composizione nel 1965, in un nuovo allestimento firmato da Mario Martone; Stefan Soltesz dirige l’Orchestra del Teatro dell’Opera.

Regista sensibile, colto, Martone ha una lunga consuetudine con i classici del teatro greco: non poteva esserci nome migliore per un titolo come The Bassarids. Il libretto, infatti, è tratto dalle Baccanti di Euripide, tragedia che ruota intorno al contrasto tra Dioniso, che torna a Tebe per vendicare l’offesa che la sua stessa famiglia fa alla madre morta, e Pénteo, re di Tebe nonché suo cugino, giovane asceta, puro e tenace. Auden incentra il libretto sul conflitto (già presente in Euripide) fra un potere forte ed austero e la liberazione degli istinti, auspice il vino.

Pénteo proibisce il culto di Dioniso e condanna al supplizio chi vi si dedica, ma il dio si vendica severamente; ammalia le donne tebane, compresa Agave che finisce con l'uccidere il proprio figlio.



Martone, chi sono Dioniso e Pénteo?

«Non possiamo parlare di due personaggi speculari, piuttosto credo che si tratti di un “io” e del suo “doppio”: forze opposte che agiscono anche in ognuno di noi, sia nei rapporti privati sia in quelli sociali. In questo testo ci sono tutti gli elementi del nostro tempo, anche se sono presentati in uno specchio rovesciato: ci sono un Dio che scatena la libidine e un re ascetico».




Cosa la colpisce di più?

«Il mistero di questo testo, che non è mai piegabile all’attualità e alla cronaca».



Come ha declinato visivamente questo conflitto?

«Nell’opera ci sono due mondi: Tebe e il monte Citerone, dove avvengono i riti dionisiaci. Ho pensato alle forze sotterranee della dimensione irrazionale e quindi lo spazio sarà sotto al palcoscenico: il mio obiettivo è di riproporre in scena questa corrente che viene dal basso».



L’orchestra?

«Rimarrà in buca, ma ho lavorato molto sulla spazializzazione delle voci. Ho pensato a una sorta di viaggio nell’interiorità di Pénteo, di quello che la libidine porta a galla».



I costumi?

«Il testo è senza tempo, quindi non ci saranno riferimenti ad un periodo storico. Saranno contemporanei».



Il Teatro dell’Opera propone tre titoli del Novecento uno dietro l’altro: cosa ne pensa?

«Sono molto ammirato dalla capacità di programmare di questo teatro, fuori dalle convenzioni, ma anche di dare un senso della classicità molto vivo. Roma è una città così affaticata, adesso, e poter lavorare in un’atmosfera così nitida, coraggiosa e professionale, mi fa un grande piacere».



Sul palcoscenico, con il Coro del Teatro dell’Opera di Roma diretto da Roberto Gabbiani, canteranno Ladislav Elgr (Dionysus), Russell Braun (Pentheus), Mark S. Doss (Cadmus), Erin Caves (Tiresias), Andrew Schroeder (Capitano della guardia reale), Veronica Simeoni (Agave), Sara Hershkowitz (Autonoe) e Sara Fulgoni (Beroe). I costumi sono firmati da Ursula Patzak, le scene da Sergio Tramonti e le luci da Pasquale Mari e i movimenti coreografici da Raffaella Giordano. Dopo il debutto di venerdì 27 novembre, (ore 19) The Bassarids andrà in scena domenica 29 (ore 16.30) e, nel mese di dicembre, martedì 1 (ore 20), giovedì 3 (ore20), sabato 5 (ore 18), giovedì 10 (ore 20).

 
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