Migranti, Avramopoulos: «Basta solidarietà à la carte, tutti gli Stati devono aiutare»

Migranti, Avramopoulos: «Basta solidarietà à la carte, tutti gli Stati devono aiutare»
di Teodoro Andreadis Synghellakis e Fabio Veronica Forcella
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Giovedì 30 Marzo 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 31 Marzo, 12:11
Neanche il tempo di festeggiare per la firma della Dichiarazione di Roma che il tema dei migranti torna a dividere l’Europa. Dopo i paesi del gruppo Visegrad adesso anche l’Austria dice no alle relocation. In questa intervista a Il Messaggero, Dimitris Avramopoulos, Commissario europeo per la Migrazione, gli affari interni e la cittadinanza, ricorda che «la solidarietà non può essere à la carte”», e che «Tutti gli Stati membri devono adempiere ai loro doveri». E al premier polacco Beata Szydło, che ha parlato di politica inefficace dell’Ue sui migranti, replica senza mezzi termini: «Troppo facile dire che è inefficiente, senza averla attuata». Infine, nel giorno in cui arriva il primo Sì del Senato al piano immigrazione di Minniti, Avramopoulos, giudica «importante» il lavoro del ministro italiano. 

Commissario, ora anche l’Austria dichiara di aver rispettato gli obblighi europei. Insomma, stop al piano di ricollocamenti dei profughi.
«La nostra posizione sugli impegni a cui devono far fronte gli Stati membri per le relocation è chiara. La politica migratoria dell’Ue si basa sulla solidarietà, e le relocation sono, per questo, un elemento essenziale. Abbiamo bisogno di alleviare la pressione sugli Stati membri che si trovano in prima linea, e gestire tutti i migranti presenti sul territorio dell’Ue. Lo dobbiamo fare tutti insieme. La solidarietà, però, non può essere “scegliere solo ciò che ci piace” o “à la carte”. Tutti gli Stati membri devono adempiere ai loro doveri».

Intanto, dal governo di Viktor Orban nuovi attacchi all’Italia, accusata di “ricattare” il governo ungherese. Il riferimento è alla possibilità di utilizzare il diritto di veto sui bilanci Ue, qualora si ostacolasse la ricollocazione dei migranti…
«Gli Stati membri devono portare a termine tutto quello che è stato deciso collettivamente sulle relocation. Si tratta di un obbligo giuridico e morale. Ero in Ungheria all’inizio di questa settimana e ho avuto modo di parlarne in maniera molto franca e aperta. In uno spirito molto amichevole di cooperazione positiva, abbiamo deciso di lavorare insieme attraverso i nostri esperti e garantire che le norme comunitarie vengano rispettate. La proposta di riforma del Regolamento di Dublino è un altro tema, che è ancora sul tavolo».

Il premier polacco Beata Szydło, ha parlato di una politica inefficace dell’Ue sui migranti. Come si possono superare tutte queste divergenze?
«È troppo facile dire che la nostra politica è inefficiente, senza averla attuata pienamente, o senza averne attuato tutti gli elementi. Per avere una politica migratoria efficace, tutti gli attori, tra cui gli Stati membri, devono attuare le azioni che hanno concordato. Le riallocazioni sono un elemento del nostro approccio globale, un elemento importante. Ripeto, solo tutti insieme possiamo superare queste difficoltà. Il fenomeno migratorio è una sfida europea e mondiale, e per questo richiede un approccio comune. Abbiamo rafforzato le nostre frontiere esterne, ma i trasferimenti dall’Italia e dalla Grecia ci aiuteranno anche a ridurre i movimenti migratori secondari (di quanti chiedono asilo in paesi differenti da quello di ingresso, ndr) e tornare a un normale funzionamento di Schengen».

Per il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la firma della Dichiarazione di Roma dovrebbe portare alla revisione dei Trattati. Lo auspica anche lei?
«La Dichiarazione di Roma è l’inizio di un nuovo processo per l’Unione europea a 27 Stati membri. Credo sia troppo presto per iniziare a parlare di eventuali modifiche dei trattati. Ora siamo all’inizio di un processo di riflessione su come vogliamo plasmare il nostro futuro d’ora in avanti, tutti insieme. Mi sento rassicurato dal testo della Dichiarazione di Roma: questo dimostra che l’Unione europea a 27 si è impegnata ad andare avanti insieme, sia per scelta che per necessità. Ciò che è importante è che ci muoviamo nella stessa direzione, che noi tutti condividiamo la stessa visione. Questo è il messaggio mandato dal vertice di Roma».

Da ieri è iniziata la Brexit…
«Sì. Ieri, il Consiglio europeo ha ricevuto una lettera dal Primo Ministro britannico Theresa May, con cui ha notificato l’intenzione del Regno Unito di lasciare l’Unione europea. Ci dispiace che il Regno Unito lascerà l’Unione europea, ma siamo pronti per il processo che ora dovrà seguire. Ci avvicineremo a questi colloqui in modo costruttivo e sforzandoci di trovare un accordo. In futuro, speriamo di stabilire una stretta partnership con il Regno Unito».

La Grecia, che sui migranti con l’Italia ha fatto uno sforzo notevole, ha chiesto fino all’ultimo pieno rispetto dei diritti di tutti i lavoratori europei. Crede sia un passaggio fondamentale?
«Come ha detto il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, non c’è dubbio che l’acquis sociale dell’Unione europea valga per la Grecia come per qualsiasi altro stato membro della Ue. Ciò che è importante ora è che la seconda revisione del terzo programma di salvataggio della Grecia (con le trattative tra il governo di Atene e i creditori, ndr) si concluda nel più breve tempo possibile, e di recente sono stati fatti progressi significativi».

Di cosa ha bisogno l’Europa per poter realmente intraprendere un nuovo cammino di sviluppo?
«Con l’aumento del populismo, della xenofobia e con l’avanzare dei nazionalismi, l’Europa si trova di fronte a due opzioni: andare avanti in maniera unita e solidale, o tornare al suo passato oscuro. Noi celebriamo sessant’anni ininterrotti di pace, prosperità e libertà. Non dobbiamo mai credere che questi siano risultati scontati. La Dichiarazione di Roma è il passo giusto in avanti».

Torniamo ai migranti, Commissario. La Corte d’Appello di Tripoli ha annullato l’accordo sui migranti firmato dal premier italiano Paolo Gentiloni e dal capo del Consiglio presidenziale Fayez Al Sarraj. Teme che questo possa compromettere il lavoro del ministro dell’Interno Marco Minniti?
«Non posso commentare le questioni interne della Libia. Quello che posso dire è che l’Ue è pienamente coinvolta nell’intensificare il suo impegno e la cooperazione con la Libia e i paesi vicini per salvare vite umane in mare, arginare i flussi irregolari, combattere il traffico di migranti, e migliorare le condizioni di vita dei migranti sulla terraferma, così come per i canali legali di transito. La conferenza organizzata dal ministro dell’Interno Marco Minniti a Roma, che la scorsa settimana ha riunito i paesi delle due sponde del Mediterraneo – tra cui la Libia – è stato un passo importante in avanti in questo approccio, e ci attendiamo che a breve ci sia un incontro di follow-up sulla sponda Sud del Mediterraneo centrale».

Lei recentemente è stato negli Usa. Come si pone, l’Europa, nei confronti di Trump, e della sua “politica-shock” sui migranti?
«Gli Stati Uniti e l’Europa hanno contesti e storie molto diversi per quel che riguarda il fenomeno migratorio. Gli Stati Uniti hanno una lunga tradizione di accoglienza e di integrazione di migranti e rifugiati, e sono diventati un faro nell’incontro di diverse culture. La politica europea si basa sui principi fondamentali della Convenzione di Ginevra, e sul dovere di offrire protezione a chi ne ha bisogno. Oggi, la sfida migratoria è globale e richiede che, tanto l’Europa, quanto gli Stati Uniti continuino a giocare un ruolo forte e di primo piano».

 
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