Da Vinci, il codice truffa: un falsario confessa di aver dipinto un quadro attribuito a Leonardo

Da Vinci, il codice truffa: un falsario confessa di aver dipinto un quadro attribuito a Leonardo
di Fabio Isman
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Martedì 1 Dicembre 2015, 00:55 - Ultimo aggiornamento: 2 Dicembre, 12:26
Non sarebbe di Bianca Sforza, bensì Sally; non la Bella principessa attribuita a Leonardo, ma l’ex cassiera del supermercato inglese Co-op di Bolton, eternata da uno dei più famosi falsari: Shaun Greenhalgh, già finito in galera, poi, però, all’onore d’una mostra, che il Victoria & Albert Museum di Londra dedicò nel 2010 alle sue prodezze. Invece che 150 milioni di euro, varrà parecchio di meno, ma amen. Anche perché, con la sua attività, Greenhalgh ha forse guadagnato già abbastanza: un milione di sterline tra il 1989, quando iniziò la carriera, al 2006, secondo il Daily Mail; anche un falso busto del presidente americano Thomas Jefferson, acquistato a caro prezzo dal suo “erede” Bill Clinton.

LA REALIZZAZIONE
Chiunque l’abbia realizzata, la Bella principessa è un disegno su pergamena, dipinto con penna e gessetti, alto 33 centimetri e largo 24. Per molti studiosi autorevoli, parte d’un codice conservato a Varsava, saltato fuori per caso, e a prezzi ridicoli a un’asta del 1998. Quando venne svelata, il clamore fu immenso: presentata alla Camera dei Deputati, un anno fa, dal suo massimo fautore, Martin Kemp, insieme a Vittorio Sgarbi. È di Peter Silverman, che ha all’attivo molte scoperte: anche Van Dyck e Raffaello; fino a ottobre, era esposta alla Villa Reale di Monza. Ma ora, Greenhalgh dice di no: anticipando un libro che uscirà presto, Storia di un falsario, sostiene che l’autore è lui, non Leonardo. Racconta anche i dettagli della sua prodezza: per supporto, una pergamena del 1587, e disegnata ruotandola di 90 gradi, per imitare l’arte mancina del maestro da Vinci; inchiostro antico ottenuto da linfa di un albero d’acacia, bollita con escrescenze di quercia, «come fin dall’età romana»; una sua collega di lavoro come soggetto nel 1987, a Bolton vicino a Manchester, dove egli viveva: «Malgrado l’aria modesta, era una scocciatrice autoritaria, e piena di sé», precisa.

GRANDE TALENTO
Vittorio Sgarbi, che a Montecitorio aveva avallato quel quadro, che ne pensa? «Intanto, Greenhalgh deve fornire la prova d’averlo veramente dipinto. Se no, si potrebbe anche pensare a una vendetta; o a una pubblicità per il suo nuovo libro. Ma se il quadro fosse veramente suo, dovremmo solo esserne lieti: perché dimostra che il talento pittorico non è finito, dato che ha saputo raggirare tanti studiosi». Lui però no: «Non ho mai attribuito quel dipinto a Leonardo: ho solo detto che mi sembrava buono, dell’epoca, ancorché non poco pasticciato e ritoccato. Del resto, ricordo una mostra proprio di Leonardo; ero con Riccardo Tommasi Ferroni, che, davanti a un disegno mi disse: l’ho fatto io. Io ne avvisai subito l’organizzatore, che era Carlo Pedretti».

LA SUA CARRIERA
Greenhalgh, 58 anni, è tutt’altro che ignoto: nel 2007, condannato a quattro anni e otto mesi; secondo il processo, lavorava in famiglia: falsario come il padre e la madre, sentenziati di uno e due anni di carcere. Il “colpo più celebre” è stata una scultura della Principessa Amarna, figlia di Nefertiti ed Akhenaton, ritenuta più bella dell’originale del Louvre, in alabastro, e venduta per 600 mila euro nel 2002 al museo di Bolton, dove è rimasta esposta fino al 2006. Ma gli sono stati fatali tre “antichi” rilievi assiri, che affermava provenienti dal palazzo di Sennacherib, 600 a.C.: parevano corrispondere con gli altri celebri rilievi dell’archeologo Austin Henry Layard. Esaminati dal British Museum, al quale sembravano genuini, e che era interessato all’acquisto. Ma due sono offerti a Bonham’s, perché vadano all’asta. Si notano varie discrepanze. Il British scopre errori nella grafia cuneiforme. Il falsario abbassa il prezzo. Scotland Yard indaga. È la fine.

I GUADAGNI
Le indagini portano a scoprire 120 delle sue falsificazioni. E i guadagni. Dalle 100 sterline per un Reliquiario inglese di Edrero (900 d.C.), alle 440 mila per la Principessa, ma quella antica: quella egizia. All’Art Institute di Chicago era finita una ceramica con un Fauno, gabellata come di Paul Gauguin. Ma dei falsi, appena 44, discussi nel processo, gli valsero la condanna. C’erano opere di Man Ray e Otto Dix; fibule celtiche e ori romani; una scultura di Henry Moore offerta alla Tate Gallery, ma invano. Nel 2005, i rilievi assiri, quotati tra 250 mila e 300 mila strerline ognuno, lo hanno perduto. Uscito dalla prigione, la mostra dei suoi falsi al museo londinese. Alla vigilia d’un libro in cui racconta la sua avventura, adesso salta fuori anche la Bella principessa. È il coronamento d’una carriera durata per ben 17 anni prima che venisse scoperta? Esponeva le sue creazioni perfino in una galleria nella Grande Manchester. Ma il supposto Leonardo, no: non l’ha mai messo in vetrina.
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