Terremoto, il grande cuore degli “angeli delle pietre”: dove scatta un’emergenza loro arrivano

Terremoto, il grande cuore degli “angeli delle pietre”: dove scatta un’emergenza loro arrivano
di Italo Carmignani
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Domenica 6 Novembre 2016, 00:40
dal nostro inviato 
VISSO Senza un comando, spinti dalla sola forza dell’iniziativa, a ogni magnitudo sopra a quattro, per un motivo misterioso, trecento volontari partono alla volta del disastro. Occupati, disoccupati, universitari, liceali, avvocati o muratori, credenti o atei, ogni volta il sismografo segnala un’emergenza lasciano le loro case calde e sicure, le loro occupazioni, la domenica con i figli e allungano la mano verso il telefonino e, dopo la chiamata, verso le chiavi della macchina. E partono. Per dove? Verso l’alba del disastro o il tramonto delle tragedia, che si chiami Amatrice, Arquata, Norcia o Castelluccio. Basta ci sia da fare. E loro fanno.
Perché? «Quando ho sentito la scossa ho capito che c’era da fare. Allora ho scritto su Facebook e ho chiamato gli amici a raccolta, virtuali e non». Due figli, un impegno senza risparmio, Diego Bacchettini è il fondatore del gruppo “50A”, nato all’impronta in un garage di Spoleto che porta quel numero civico. «Ci siamo ritrovati in trenta - aggiunge - molti neanche li conoscevo. Dove ci siamo diretti? Dove c’era da lavorare ». Si occupano di viveri e distribuiscono aiuti, rimboccano le coperte la notte e portano il caffè nelle tende la mattina.
I DUE ANZIANI<QA0>
«Un salvataggio? A tre giorni dalla scossa più forte eravamo a Savelli di Norcia. In un’auto abbiamo notato due persone: erano due anziani, rimasti in macchina per tre giorni. Novantadue lei, novantatré lui. Ci hanno detto che avrebbero voluto morire comunque insieme. Ora stanno bene». Per cento volte, i volontari si precipitano a soccorrere, consolare, sostenere, ripetere con pazienza infinita sotto tende il loro refrain: «Dai, che passa, state tranquilli, qui niente può crollare». Ma la paura respinge ogni argomento. E allora s’invoca Dio.
Dall’altra parte della valle, dove la strada si spinge fino a Visso, operano le Brigate di solidarietà attiva. «Facciamo volontariato dal basso - racconta Andrea Ferroni, referente - siamo nati in occasione del terremoto dell’Aquila nel 2009. Chi siamo? Studenti, lavoratori e appartenenti al mondo ultras del calcio». Di tasca loro hanno acquistato e consegnato quattro roulotte (in totale sono 32 dalle prime scosse di fine agosto) ai terremotati: due a Cascia, una a Norcia e una a Cerreto di Spoleto. Quindi hanno curato l’apertura di uno spaccio popolare a Norcia di generi di prima necessità: pasta, scatolame, alimenti per fare colazione, vestiti, ciabatte, saponi, shampoo, pannolini e pannoloni. Nei volumi delle pagine gialle, loro non ci sono, inutile cercarli. Si muovono con le regole dei social, a volte anche lontano dall’ufficialità della protezione civile. A volte spingendo oltre il loro impegno, decisivo e sostanziale. Riprende Bacchettini: «L’ultimo pacco ci è arrivato dal Perù, italiani che vivono laggiù. Che c’è dentro? Non lo so, penso viveri». 
La velocità di Facebook porta a evitare sforzi inutili. E quando i viveri offerti dall’Italia solidale diventano troppi, il segnale arriva chiaro: ora servono vestiti e scarpe. Non occorre neanche essere gruppo: Elisa Castellucci e Jacopo Pacchiarotti sono solo due giovani, ma già hanno portato vestiario per decine di bambini, svariate taglie per gli adulti e scarponcini. A seconda delle richieste. L’auspicio di un terremotato a distanza, l’imprenditore della moda, Brunello Cucinelli, arriva dalla Leopolda: «A Firenze c’erano gli Angeli del fango: perché non facciamo gli Angeli della pietra che a primavera vengono nelle nostre cittadelle a ricostruire?» Silenziosi e operativi, quegli angeli ci sono già. 
 
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