Charlotte Rampling: «Senza il coraggio la vita non ha senso»

Charlotte Rampling: «Senza il coraggio la vita non ha senso»
di Gloria Satta
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Lunedì 27 Marzo 2017, 00:49 - Ultimo aggiornamento: 30 Marzo, 17:12
Gli occhi, due fessure verdi, sono quelli di sempre: enigmatici e un po’ tristi. Il corpo ancora asciutto comunica un mix di contrasti: sex appeal e severità, libertà e pudore. Il lavoro è più intenso che mai (ha in uscita 7 film in questo 2017), il sorriso viene elargito con parsimonia. Gli anni sono 71 ma Charlotte Rampling rimane l’icona senza tempo del cinema e della seduzione. Nella sua lunga carriera ha incantato il mondo, posato nuda per immaestri e incarnato i ruoli più spiazzanti, estremi, spericolati.

E’ stata il sogno erotico di Celentano in ”Yuppi Du”, ha fatto sesso con il suo ex aguzzino nazista in ”Portiere di notte”, è stata incestuosa per Patroni Griffi (”Addio fratello crudele”), ha amato uno scimpanzé in ”Max mon amour”, sperimentato il turismo sessuale in ”Verso il Sud”, espresso le angosce e i sospetti di una moglie attempata in ”45 anni”, ruolo per cui è stata candidata all’Oscar.

Ora l’attrice inglese più indomabile e segreta racconta la propria vita nel libro ”Io, Charlotte Rampling” (66th and 2nd editore) firmato con lo scrittore francese Christophe Bataille. Più che un’autobiografia è un flusso di ricordi, impressioni, emozioni in cui sfilano l’infanzia felice della protagonista, le sue scelte anticonformiste e soprattutto il suicidio di Sarah, la sorella amatissima e fragile che si tolse la vita a 23 anni: una tragedia di cui Charlotte non aveva mai parlato e spiega ora il velo di tristezza connaturato con il suo sguardo.

Cosa l’ha spinta a mettere nero su bianco i ricordi, i segreti, le emozioni più intime della sua vita?
«La voglia di scrivere, di esprimermi attraverso le parole. Ma il libro non è la classica autobiografia di un’attrice, nasce da ambizioni più alte. Io, avida lettrice, ho cercato un approccio squisitamente letterario».

E l’incontro con Bataille com’è avvenuto?
«Per caso. Lui mi ha cercata, risvegliando in me il desiderio di raccontare. Poi mi ha accompagnata in questa avventura senza scadenze e senza contratti».

Dal libro emerge che la sua storia personale è stata scandita dal dolore: a che punto se n’è resa conto?
«L’ho sempre saputo. La vita è fatta di contrasti: sofferenza e gioia, ambizioni e fallimenti, successi e occasioni mancate. Ho cercato di dire questa verità in forma poetica. Nella mia vita, come in quella di tutti, c’è stato anche tanto dolore».

Come ha imparato a non farsene schiacciare?
«Non esiste un metodo, non possiedo una ricetta. So solo che esistono due modi di stare al mondo: o vai verso la vita, o ti tiri indietro come ha fatto mia sorella suicidandosi. Io, quando lei morì, ho scelto di vivere».

E ha avuto successo: l’ha cercato o le è caduto addosso?
«Mi è caduto addosso. All’inizio è stato il cinema a cercarmi, poi ha continuato a volermi. E io mi sono impegnata da subito a girare dei film che somigliassero alla vita. Difficili, l’opposto dell’intrattenimento».
Ce n’è uno che la rappresenta di più?
«Non saprei, molti hanno contato davvero e li amo ancora. Mi sento legata ai più difficili come ”45 anni” che è anche il frutto di una scrittura e di una regia preziose».
Nei ruggenti Settanta è stata un simbolo di libertà, anticonformismo, trasgressione: ne era consapevole?
«No, assolutamente. Ma avevo ben chiara la voglia di vivere con coraggio e autenticità. A causa del suicidio di Sarah, non avevo più nulla da perdere e andavo famelica incontro alla vita per afferrarla, divorarla senza risparmio».
Anche a costo di venire considerata ”scandalosa”?
«Sono stati gli altri a etichettarmi. Io forse non sapevo dove andare, ma il mio percorso era sincero».
Di questo percorso fa parte ”Portiere di notte”, il film di Liliana Cavani che da una parte fu salutato come un capolavoro ma dall’altra scatenò feroci polemiche: che ricordo ha di quel momento?
«Fu un’esperienza violentissima. Non potevo, non volevo difendere il film che, per me, era una storia d’amore. Non ero ingenua e capivo che il tema era controverso: anche il set è stato duro, nessuno prendeva le cose alla leggera. Ma non mi aspettavo un impatto così forte, devastante».
E come l’ha affrontato?
«Nell’unico modo possibile: ho fatto un passo indietro. Avevo un figlio di pochi mesi, altri film da girare».
Come ricorda Visconti?
«Luchino è stato il mio padre spirituale, mi ha insegnato tanto. Ma ho scoperto i suoi film solo dopo aver girato ”La caduta degli dei”, in Inghilterra erano roba per cinefili».
E’ vero che con gli attori era crudele?
«Con me non lo è stato. Era esigente e severo con tutti, questo sì. Mi ha insegnato che il cinema di qualità richiede impegno e sacrifici. Se non siete pronti ad affrontarli, diceva, andate a lavorare a Hollywood».
Non ha mai avuto la tentazione di trasferirsi in America?
«L’ho fatto negli anni Settanta. Ma dopo aver conosciuto da vicino quella realtà, ho preferito rientrare nella mia Europa. Con Hollywood mi sono riconciliata di recente quando ho girato la serie ”Dexter”. È stato simpatico».
E con Woody Allen, sul set di ”Stardust Memories”, come andò?
«Con lui ho vissuto una bellissima storia d’amore platonica. Woody era solo, aveva appena lasciato Diane Keaton e non si era ancora messo con Mia Farrow. Nel film mi aveva affidato la parte della donna perfetta, ideale. Gli piaceva pensare che lo fossi anche nella vita».
Sa che la sua camminata tra canali di Venezia in ”Yuppi Du” è ancora una scena cult?
«Celentano è uno dei talenti più originali che abbia mai incontrato. Lui non parlava l’inglese, io non capivo l’italiano: ci intendevamo lo stesso. Girare ”Yuppi Du”, un film ancora fresco, è stato come entrare in una favola».
Non è il suo caso, ma le attrici over 40 si lamentano di lavorare poco: cosa ha da dire?
«Quando il tempo passa, bisogna accettare anche i ruoli piccoli. Non si può essere sempre in primo piano».
Qual è il segreto che le permette di invecchiare con grazia senza ricorrere agli ”aiutini” estetici?
«Un principio del buddismo, che non pratico (sono nata protestante) ma di cui apprezzo molti insegnamenti: non si deve resistere ai cambiamenti della natura. La vita autunnale, come le foglie, cambia colore. Bisogna star bene nella propria pelle ad ogni età».
Ha un sogno, oggi?
«Aspetto che le cose avvengano. Sono positiva verso la vita».
C’è un’immagine che la rappresenta più delle altre?
«E’ la foto che mi scattò nel 1973 Helmut Newton nell’Hotel ”Nord Pinus II” di Arles».
Si può sapere perché?
«No. E’ la mia preferita, basti questo».
Nuda su un tavolo davanti a una specchiera, Charlotte giovane esprime erotismo, libertà, mistero. Le doti che, malgrado gli alti e bassi della vita, non ha mai perduto.
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