Rull non è stato l’unico a sfidare l’ordine del governo centrale di liberare gli uffici visto che ora in Catalogna, con l’applicazione dell’articolo 155, comandano i ministri del governo centrale: uno dei duri dell’indipendentismo, colui che ha fermato Puigdemont quando con un lampo di saggezza voleva accettare la mediazione delle elezioni anticipate prima del baratro della dichiarazione di indipendenza, è l’ex vicepresidente Oriol Junqueras: anch’egli nel pomeriggio è andato alla sede del dipartimento di Economia ma è uscito prima che arrivassero tre rappresentanti del governo centrale.
D’altra parte in mattinata il ministro dell’Interno spagnolo, José Ignacio Zoido, aveva spiegato: «Ognuno di noi in ufficio ha le proprie cose, le foto dei famigliari... agli ex componenti del governo catalano concediamo un’ora per recuperare i propri oggetti personali, ma poi devono lasciare gli uffici». E Carles Puigdemont? Ieri su Instagram (dove è stato molto attivo di recente, anche con le “storie”) ha pubblicato una foto di uno scorcio della zona della Generalitat, scrivendo “bon dia” più faccetta sorridente, facendo dunque intendere di essere in ufficio come sempre. In realtà era già in viaggio verso il Belgio. Per chi è rimasto, nel giorno degli addii, comunque, ci sono state scene di commozione, saluti ai collaboratori, abbracci, ma anche tanta incertezza, infinite situazioni surreali come va di moda dire in queste ore a Barcellona. Ieri una delle parlamentari catalane della Cup (piccolo e combattivo partito di estrema sinistra alleato della coalizione indipendentista), Mireia Boia, addirittura ha spiegato che la sua formazione non riconosce il 155 e chiede al governo della Repubblica Catalana di prendere i primi provvedimenti anche da Bruxelles.
LA MACCHINA AMMINISTRATIVA
Negli uffici prevale l’ubriacatura di queste giornate in cui si comprenderà come la vicepresidente del governo spagnolo, Soraya Saenz de Santamaria, svolgerà il suo ruolo di “governatrice” da Madrid della Catalogna. In prima linea ci sarà il segretario di Stato per le amministrazioni territoriali, Roberto Bermúdez de Castro, 47 anni, originario di Huesca, nella comunità di Aragona. Resta il silenzio anomalo di ieri nel bel palazzo del Parlamento Catalano: tra scaloni e grandi sale, qui venerdì si è sviluppata l’effimera epica della dichiarazione di indipendenza, con i sindaci, i parlamentari e Puigdemont che hanno cantato l’inno Els Segadors, un migliaia di giornalisti e operatori di tutto il mondo accreditati. Ieri la presidente Carme Forcadell, preso atto dell’applicazione del 155, ha annullato la conferenza dei capigruppo, gli uffici erano quasi tutti desolatamente vuoti, una impiegata di PDeCat allargava le braccia e spiegava: «Cosa vi posso dire? È difficile capire cosa succederà, c’è solo disorientamento e costernazione».
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