Caso Shalabayeva, il blitz fallito e le informazioni parziali dei prefetti

Caso Shalabayeva, il blitz fallito e le informazioni parziali dei prefetti
di Sara Menafra
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Sabato 3 Dicembre 2016, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 4 Dicembre, 19:02
Una delicata operazione di Polizia di cui, da un certo punto in avanti, più si risale la scala gerarchica più le informazioni sembrano generiche o lacunose. E’ l’immagine del sequestro di Alma Shalabayeva, la moglie di un dissidente kazako rimpatriata nel 2013 in un’operazione che ha finito per mettere in discussione i vertici del Viminale, che emerge dai verbali raccolti dalla procura di Perugia che potrebbe chiedere a breve il rinvio a giudizio per gli ex funzionari della questura di Roma di allora, Renato Cortese e Maurizio Improta, e alcuni diplomatici kakazi.

Per ricostruire quanto accaduto tra il 28 e il 31 maggio 2013, cioè dal momento del blitz che doveva portare alla cattura del marito di Alma Shalabayeva, Muktar Ablyazov, e che invece si è concluso col rimpatrio di lei, i pm hanno convocato tutta la scala gerarchica della Polizia di allora. Ma il quadro che ne emerge è pieno di informazioni non arrivate o arrivate in parte. Sia il prefetto Giuseppe Procaccini, capo di gabinetto di Alfano, sia prefetto Alessandro Valeri, all’epoca capo della segreteria dei Dipartimento di Pubblica sicurezza, riferiscono che il giorno dopo il blitz che doveva portare alla cattura di Muktar Abliazov e si concluse con il rimpatrio della moglie, fu informato anche il ministro. Nessuno, però, dice di aver saputo che Alma Shalabayeva era stata rimpatriata.

LE COMUNICAZIONI
Il ministro Alfano ha sempre detto di aver chiesto a Procaccini di incontrare i kazaki ma di non aver saputo poi come si fosse chiusa la vicenda. Ora Valeri aggiunge un particolare: «La mattina dopo seppi dell’esito negativo dell’operazione. Telefonai subito al dottor Procaccini comunicando l’esito negativo della ricerca del latitante kazako - dice il dirigente - Il prefetto Procaccini mi chiese di trasmettergli un sms con questa notizia, di modo che lui potesse informare il ministro degli Interni. Io mandai questo sms». Il capo di gabinetto Procaccini conferma: «Ho relazionato ad Alfano in una prima e unica volta nel corso della mattina del 29 maggio 2013. Gli ho riferito il motivo per cui era venuto l’ambasciatore e l’esito negativo di un intervento fatto dalle forze di Polizia», dice Procaccini. Non parla della richiesta fatta a Valeri anzi dice: «Successivamente al contatto con Valeri, mi sono accorto che nelle primissime ore della mattina lo stesso mi aveva mandato un sms sul mio telefono,. nel quale con una frase breve mi diceva che era stato effettuato un intervento della Polizia con esito negativo». «Non ho più saputo nulla della vicenda», conclude. E anzi, lancia un’accusa pesante: «Mi sono determinato a rassegnare le mie dimissioni perché ho ritenuto che qualora fossi rimasto capo di gabinetto sarebbe rientrato nei miei compiti assumere eventuali iniziative rispetto a comportamenti non avveduti o non professionali assunti da alcune articolazioni dellaPolizia e ciò non intendevo farlo perché sono stato tanti anni vice capo della Polizia».

Il Capo dell’Anticrimine di allora, Chiusolo, sentito sugli stessi fatti, aggiunge un ultimo particolare: «I rappresentanti dell’ambasciata hanno segnalato l’opportunità che le attività svolte non fossero riferite all’interpolo kazaka».

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