Roma, il Campidoglio: «Un “mental coach” per convincere i rom a lavorare»

Roma, il Campidoglio: «Un “mental coach” per convincere i rom a lavorare»
di Lorenzo De Cicco
3 Minuti di Lettura
Domenica 23 Luglio 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 25 Luglio, 15:37
I rom della Barbuta e della Monachina come Michael Jordan o Isolde Kostner. Gli abitanti delle baraccopoli fatiscenti che il Campidoglio vuole chiudere andranno a lezione dal mental coach, come gli assi dello sport. Solo che a pagare queste figure ibride, a metà tra lo psicologo (non tutti hanno la laurea) e il guru, stavolta, sarà il Comune di Roma. L’obiettivo, assai singolare, è “motivare” i nomadi degli insediamenti da smantellare a cercarsi un lavoro. Evidentemente la prospettiva di ritrovarsi senza container e roulotte entro la fine de 2018, di per sé non basta. Per questo l’amministrazione capitolina è pronta a ingaggiare questi “professionisti del benessere”.

DAGLI USA
Dicesi “mental coach”: «Allenatore della mente, che aiuta a trovare dentro sé stessi risorse che ancora non sono affiorate e che permettono di ottenere il raggiungimento dei propri obbiettivi», definizione pescata sul web in uno dei tanti siti che reclamizzano corsi (non sempre a buon mercato) di auto-motivazione. Per chi ancora non ne avesse sentito parlare, si tratta di una professione germogliata negli Usa – uno dei primi ad affidarsi al mental coach è stato il recordman del golf, Greg Norman – e poi importata in Europa. I fanatici del settore raccontano che André Agassi, solo grazie al suo personal coach riuscì a passare dal trentesimo posto al podio agli Open Usa del ‘94. Qui da noi, si dice che si siano avvalsi del mental coach Igor Protti e Alessandro Del Piero. Una moda talmente popolare da sconfinare anche in altri ambiti, come nei corsi di motivazione lavorativa o aziendale.

Per i nomadi sarà la prima volta. Ma tant’è. Nel capitolato di gara del Piano Rom approvato dalla giunta di Virginia Raggi a fine maggio, ecco spuntare tra le varie «azioni per l’inclusione lavorativa» anche questa: a disposizione dei nomadi ci saranno dei «mentoring and personal coaches», si legge nelle carte del bando, che si occuperanno «di fornire il supporto adeguato in termini di strumenti e competenze per le prime fasi di avvio delle iniziative imprenditoriali aiutando gli ideatori a fare le scelte giuste in ordine ai processi lavorativi e strategici». Se non bastasse, sono previsti anche corsi di «talent management» (gestione del talento) e di «personal development programs», per sviluppare doti comunicative e relazionali.

E ancora: «La formazione proposta - c’è scritto nel bando - dovrà essere integrata anche con alcuni moduli individuali non solo incentrati sulla autovalutazione e sul miglioramento delle proprie competenze (self-assessment), ma anche alla promozione di momenti di scambio tra i partecipanti per potenziare le tecniche comunicative e organizzative fino a quelle strategico-finanziarie».

I COSTI
I costi dell’operazione non sono ancora chiari; probabilmente si capiranno meglio quando la commessa verrà assegnata. Di certo si sa che il Piano Rom, in totale, costerà alle casse del Campidoglio 3,8 milioni di euro, in gran parte ricavati dai fondi messi a disposizione dall’Unione europea. Una buona fetta verrà riservata per la cosiddetta «inclusione abitativa». Tradotto: il Comune pagherà un «contributo per l’affitto» fino a 800 euro al mese, per un massimo di due anni, ai rom a basso reddito. Il resto verrà impiegato per aiutare i residenti delle baraccopoli a trovare lavoro. Se con i “personal coach” non dovesse funzionare, ci penserà il Comune a finanziare l’avvio delle «attività imprenditoriali» dei nomadi, mettendo sul piatto fino a 5mila euro a persona.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA