Camere, chi lavora di più non viene ricandidato

Camere, chi lavora di più non viene ricandidato
di Antonio Calitri
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Mercoledì 21 Febbraio 2018, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 09:11

Lavorare tanto in Parlamento non sempre porta alla ricandidatura. Almeno nel Pd dove dei primi sei più produttivi soltanto tre sono di nuovo in lista. Così come non essere per nulla produttivi non porta automaticamente all’esclusione. Soprattutto nel centrodestra e in Forza Italia in particolare, partito a cui appartengono i due meno produttivi di Montecitorio e Palazzo Madama, entrambi ricandidati. Questo emerge dalla classifica della produttività parlamentare 2017 stilata dall’osservatorio Openpolis. 

GLI ESCAMOTAGE
Guardando ad esempio il lavoro dei deputati, stride vedere che la prima classificata, Donatella Ferranti del Pd con un indice di 1.752 punti non è stata ricandidata mentre all’ultimo posto, il forzista Antonio Angelucci, con 0,78 punti, ha ottenuto la ricandidatura. Ci saranno valutazioni politiche che vanno al di là dalla presenza parlamentare, della partecipazione a votazioni, della presentazione di proposte di legge. Anche perché, l’indice non è una misurazione perfetta, anzi, come ammettono da Openpolis, «evidenziamo e anzi denunciamo che le nostre valutazioni non possano che essere incomplete». Dopo le ultime correzioni però, qualche indicazione chiara la offre. Negli scorsi anni, come recita il famoso motto dell’italiano medio, “fatta la legge trovato l’inganno”, molti parlamentari “medi” avevano trovato il modo di ingannare l’algoritmo di e salire nella classifica, che è un buon biglietto da visita da spendere sul territorio puntando sugli ordini del giorno, spiega Openpolis, «individuati da alcuni politici come atti facilmente presentabili, a cui si riescono ad apporre tante firme, e che con facilità vanno in votazione. Elementi che facevano aumentare il punteggio nell’indice di produttività di alcuni deputati e senatori, con un atto dal limitato peso politico e legislativo». Così, l’associazione ha deciso di ritarare il loro peso. 

Oggi la valutazione della produttività è diventata più scientifica e i 473.976 atti presentati in questa legislatura sono stati analizzati non solo numericamente. Il punteggio di un atto sale se il provvedimento, come una legge, si avvicina ad essere completato. E anche le leggi sono state diversificate in diversi livelli, a seconda dell’importanza e del loro impatto. Insomma, oggi, rispetto all’esordio del 2011, la classifica è più realistica. I partiti però dimostrano che il lavoro parlamentare non sempre è tra i principali parametri che considerano. 

Alla Camera dei deputati ad esempio, ci sono ben tre deputati dem tra i cinque più produttivi in assoluto. A partire dalla Ferranti prima, seguita da Marco Causi, terzo e da Ermete Realacci, quinto. Tutti e tre sono rimasti fuori dalle liste. Ufficialmente tutti hanno esaurito i loro due mandati (anzi per Realacci, siamo a quattro) e non hanno ottenuto la deroga. Di fatto, visto che in tanti l’hanno ottenuta, le ragioni vanno cercate da qualche altra parte. Al secondo posto per produttività a Montecitorio, non ha ottenuto la ricandidatura neppure il leghista Gianluca Pini “colpevole”, raccontano, di essersi schierato all’ultimo congresso con lo sfidante di Matteo Salvini, Gianni Fava. Tutto bene invece per Massimiliano Fedriga della Lega, l’unico dei cinque più produttivi ad ottenere la ricandidatura. La coda della classifica è tutta del centrodestra. Ultimo Angelucci di Forza Italia, riconfermato. Seguono sempre per il partito di Silvio Berlusconi, Francantonio Genovese e Marco Martinelli, non ricandidati. Un gradino più su Carmelo Lo Monte (Lega) e Gianfranco Rotondi (Forza Italia) entrambi riconfermati. 

Diversa la musica a Palazzo Madama, in testa il Pd che anche qui ha tre senatori nei primi cinque posti, Giorgio Pagliari (primo), Giorgio Santini (secondo) e Giuseppe Cucca (quarto), tutti ricandidati. Restano invece fuori Felice Casson di Leu e Luigi Compagna, della Federazione della Libertà dopo aver ambiato altri nove gruppi nel corso della legislatura. Tutti fuori invece i più improduttivi del Senato, Denis Verdini, Sandro Bondi, Riccardo Conti e Marino Mastrangeli, ad eccezione del forzista e avvocato personale del Cavaliere, Niccolò Ghedini, ultimo e ricandidato. 
 

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