Brexit, l’Italia dovrà pagare un miliardo in più alla Ue

Brexit, l’Italia dovrà pagare un miliardo in più alla Ue
di Antonio Pollio Salimbeni
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Domenica 7 Gennaio 2018, 00:19 - Ultimo aggiornamento: 8 Gennaio, 08:19
BRUXELLES A causa dell’addio britannico, al bilancio Ue 2021-2027 mancheranno ogni anno 10-11 miliardi. Se i Ventisette non decideranno di colmare il buco, il bilancio (l’ultimo è stato di 960 miliardi per 7 anni) si ridurrà proprio nel momento in cui la Ue dovrebbe far fronte a sfide globali nuove e costosissime: sicurezza interna ed esterna, immigrazione, crescente disuguaglianza sociale e territoriale, sostegno agli investimenti. Colmare il buco potrebbe implicare teoricamente che la Germania aumenti il contributo nazionale di 5 miliardi, la Francia di 1,2 miliardi, l’Italia di circa 1 miliardo all’anno. Il tema comincia a diventare caldo, anche se Londra ha assunto la responsabilità di tutti i pagamenti derivanti dagli obblighi finanziari contratti nel periodo 2014-2020. Non solo: continuerà a rispettarli per tutto il periodo di transizione fra il giorno della Brexit, cioè il 29 marzo 2019, e il giorno in cui gli accordi per la Brexit entreranno effettivamente in vigore (almeno un anno e mezzo). La Commissione avanzerà tra la primavera e l’estate una proposta di bilancio 2021-2027 (oppure 2025 se dovesse essere ridotta la copertura pluriennale per rendere più flessibile l’uso dei fondi a seconda delle mutevoli circostanze dell’economia). L’idea sulla quale lavora è turare il buco britannico metà con nuove entrate e metà con tagli di spesa. L’appuntamento è in salita per varie ragioni: l’addio di un grande contributore netto (Londra versa più di quanto riceve nonostante lo “sconto” del contributo di cui ha goduto per incentivare vanamente la sua permanenza nella Ue); tradizionalmente i conti europei sono teatro di grandi scontri politici tra gli Stati membri perché riflettono fedelmente gli equilibri tra i diversi interessi nazionali; scarsa disponibilità ad aumentare gli esborsi alla Ue sotto l’onda delle pressioni euroscettiche ed eurocritiche di vario segno; forte contrasto tra Est e Ovest sull’immigrazione e sul ruolo centralizzatore della Ue. 

LA POSIZIONE
«Non possiamo far finta che nulla sia cambiato con la Brexit, nei prossimi dieci anni saranno necessari dei tagli», indica da tempo il commissario al bilancio Günther Oettinger. Domani il commissario tedesco parteciperà a una conferenza a Bruxelles proprio sugli obiettivi del bilancio Ue insieme a diversi esponenti dei governi tra cui il ministro dell’economia Padoan, il ministro degli esteri tedesco Gabriel, la ministra francese degli affari europei Loiseau e i suoi colleghi di Bulgaria, Polonia, Ungheria. 

Che l’effetto Brexit sul bilancio Ue comporti tagli e razionalizzazioni ai fondi per la coesione destinati alle regioni e all’agricoltura è previsto dagli scenari elaborati dalla Commissione già qualche mese fa. D’altro canto, la stessa Commissione ha messo i governi di fronte a una scelta: «Lo status quo non è un’opzione, dovranno essere fatte scelte dure: lo scarto nelle finanze Ue che origina dall’uscita del Regno Unito e dai bisogni finanziari delle nuove priorità deve essere riconosciuto chiaramente», è scritto in un paper comunitario. Indicano fonti Ue che al buco di 10-11 miliardi all’anno causato dalla Brexit si aggiunge la copertura di altri 15 miliardi circa che dovrebbero finanziare nuove priorità: sicurezza, anti-terrorismo, migrazione, Difesa comune. Totale, dopo il 2020 potrebbero mancare in tutto circa 25 miliardi all’anno. Queste sono le cifre che girano a Bruxelles. Vengono ipotizzati diversi scenari. Un documento tecnico comunitario circolato nelle settimane scorse ne indicava tre teorici: bilancio invariato, taglio del 15% e taglio del 30%. Nel secondo scenario resterebbero i fondi Ue per il Sud Italia mentre Lombardia, Piemonte, Emilia o Veneto perderebbero circa 12 miliardi. Nel terzo scenario (drammatico e irrealistico) solo i paesi dell’Est più Cipro, Grecia e Portogallo continuerebbero a essere sostenuti dai fondi Ue. La quota di fondi strutturali per l’Italia nel bilancio 2014-2020 è di circa 42,6 miliardi: tra il 2009 e il 2015 l’Italia ha registrato un saldo passivo di 5,4 miliardi l’anno (ha versato alla Ue più di quanto abbia ricevuto).
 
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