Bosso: mi sento fortunato la musica mi regala vita

Bosso: mi sento fortunato la musica mi regala vita
di Marco Molendini
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Venerdì 12 Febbraio 2016, 00:19 - Ultimo aggiornamento: 12:27

SANREMO «Ho dormito poco» ammette Ezio Bosso, il pianista che ha conquistato il Festival. «Non mi aspettavo un'accoglienza così. Ma in fondo è stato uguale a quando suono per cinque persone». E, intanto lo avvolge la nuvola emotiva che ha scatenato: biglietti dei concerti che volano (in un'ora quelli dell'Auditorium dove suonerà per la prima volta il 12 aprile, la scrittura al volo a Umbria jazz per il 10 luglio), il suo disco, il primo, The 12th room, in testa su itunes, Facebook impazzito. Una deflagrazione. Emozione, paura e dignità: «Sono una persona, anche se giro con le ruote e faccio fatica a vivere. Non voglio essere giudicato per questo» si difende.

Bosso, lo sa? Anni fa girava un pianista, Michel Petrucciani, le mani imprigionate in un corpo da bambino con le ossa di cristallo. Ma nessuno lo seguiva per la sua condizione. Perché suonava in modo magnifico.
«Lo conoscevo Michel. Gli piaceva vivere, era cattivissimo, adorava suonare. Si, essere ascoltato è quello che mi interessa, abbattendo le barriere».

All’Ariston una violinista piangeva mentre lei suonava “Following a bird”.
«Me lo hanno detto. La bellezza della musica fa dimenticare il resto».

Ora tutti la vogliono.
«Vorrei poter dare sempre. Ma devo fare in modo che non mi consumi. Non potrò mai fare concerti tutti i giorni come una volta».

 

Lei vive a Londra, perché?
«Perché lavoro alla Royal Opera House. E poi l'Inghilterra mi piace, la musica classica è vissuta con più normalità».

Come musicista, ha una lunga storia. Quando ha deciso di arrivare fin qui, al Festival?
«E' stato casuale, non riesco a progettare nulla. Tutto ha coinciso mesi fa con una fase in cui uscivo da un momento buio. A Barolo, città a cui ho regalato il mio pianoforte quando pensavo di non avere più una casa sicura, mi hanno chiesto dei progetti. Poi sono stato di nuovo male. Infine, è arrivato il disco». 

Ed è uscito “12th room”: un doppio cd con musiche di Bach, John Cage e sue.
«Ho pensato alla parola stanza quando la vita mi ci ha chiuso dentro, in una stanza troppo grande perché il mio corpo potesse percorrerla tutta, ma troppo piccola per contenermi».

Abbiamo visto che usa uno sgabello particolare per suonare.
«L'hanno costruito sulla mia fragilità fisica. Mi permette dei trucchetti, per esempio con la gamba destra, che ogni tanto non si rialza. Sostiene anche la schiena».

Usa un piano speciale?
«Ho uno Steinway con cui vado in giro, neanche fossi Benedetti Michelangeli. I pedali sono più morbidi e i tasti hanno una grammatura più leggera».

Lei ha fatto studi accademici?
«Sono un accademico dei peggiori. Ho studiato al conservatorio e all'Accademia di Vienna».

Ha un passato rock: suonava il basso con il nome di Xico negli Statuto.
«Avevo 14 anni: ero in piena fase di ribellione adolescenziale. Ma appartengo a Beethoven».
Ezio Bosso si arrabbia se qualcuno scrive pianista malato. Vuole essere giudicato per la sua musica, non per la sua condizione. Dura, durissima, con la sla scoperta 5 anni fa che progredisce e un tumore al cervello. Ottimista caparbio, sfodera un'aria da rocker in skinny jeans e stivaletti, sorriso e risposta ironica pronti. Come ha fatto sul tweet becero del collettivo comico Spinoza (ha «una pettinatura da coglione"). Replica di Ezio: «Cerco di pettinarmi da solo». Paradossalmente riconosce addirittura d'essere stato fortunato, grazie ai progressi scientifici: «Se mi avessero diagnosticato la malattia 15 anni fa sarei già morto». La musica è la sua forza vitale: «So che è pericoloso, che mi consuma, ma mi fa sentire vivo». Prima di entrare sul palco ha sussurrato a Carlo Conti: «Tu sei un pazzo».


 

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